Lunedì, 02 Febbraio 2015 21:52

Mi devo proprio confessare?

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I giovani e il sacramento della riconciliazione

Ma a che serve confessarsi?! E poi io le cose le dico direttamente a Dio! Perché le devo andare a raccontare a un prete, che tra l’altro ne fa di tutti colori?

Molte volte ho sentito queste frasi. Che denotano se non altro il vuoto formativo e la grave responsabilità degli operatori pastorali. Se la gente pensa queste cose, evidentemente ne ha le giuste motivazioni.
Non è questo il momento per fare analisi dotte; a me preme soprattutto chiarire a me stesso e ridirmi le motivazioni che mi portano a vivere il sacramento della riconciliazione con la gioiosa serenità di chi sa di crescere percorrendo “la vita” in compagnia di Cristo. Lo sguardo “terzo” del sacerdote è fondamentale perché, oltre l’aspetto sacramentale, dice tutta la premura della Chiesa per la crescita spirituale dei credenti: non siamo soli e abbiamo bisogno di guide “autorevoli”, capaci di farci crescere nella comprensione del progetto che Dio ha su ognuno di noi.
A me piace vedere nel sacramento due momenti distinti e complementari: la preparazione e il colloquio.


La preparazione è quanto va sotto il nome di “esame di coscienza”. E’ il momento previo, durante il quale ci si “prepara”. E nessuno meglio dei giovani sa quanto sia importante fermarsi in silenzio per preparare un incontro o una festa. E’ il rientrare in se stessi, fare il punto della situazione, vagliare un insieme di elementi per avere un’idea ben circoscritta della propria vita e dello stato del proprio camminare con Cristo.
Come appendice allego uno schema che può essere utile per l’esame di coscienza.

Viene poi il colloquio, la confessione vera e propria. Che non è certo quello che in molti erroneamente pensano: andare a dire i peccati. Personalmente sono stato sempre affezionato a uno schema di confessione che mi ha aiutato a riscoprire la bellezza del sacramento. Mi è stata proposta dai miei “maestri” (anch’io sono stato scolaro… e piace pensare di esserlo ancora!) e non esito a riproporla.

Il colloquio penitenziale (card. Carlo Maria Martini)
Il colloquio si può descrivere secondo tre momenti fondamentali. Infatti, la parola latina "confessio" non significa solo andarsi a confessare ma significa anche lodare, riconoscere, proclamare.

Il primo momento lo chiamo "confessio laudis" cioè confessione di lode.

Invece di cominciare la confessione dicendo "ho peccato così e così", si può dire "Signore ti ringra¬zio", ed esprimere davanti a Dio i fatti, ciò per cui gli sono grato.
Abbiamo troppo poco stima di noi stessi. Se prova te a pensare vedrete quante cose impensate saltano fuori, perchè la nostra vita è piena di doni. E questo allarga l'anima al vero rapporto personale.
Non sono più io che vado, quasi di nascosto, a esprimere qualche peccato, per farlo cancellare, ma so¬no io che mi metto davanti a Dio, Padre della mia vita, e dico: "Ti ringrazio, per esempio, perché in questo mese tu mi hai riconciliato con una persona con cui mi trovavo male. Ti ringrazio perchè mi hai fatto capire cosa devo fare, ti ringrazio perché mi hai dato la salute, ti ringrazio perchè mi hai permesso di capire meglio in questi giorni la preghiera come cosa importante per me".
Dobbiamo esprimere una o due cose per le quali sentiamo davvero di ringraziare il Signore.
Quindi il primo momento è una confessione di lode.

E allora segue quella che chiamo "confessione di vita".

In questo senso: non semplicemente un elenco dei miei peccati (ci potrà anche essere), ma la domanda fondamentale dovrebbe essere questa: "Che cosa dall'ultima confessione, che cosa nella mia vita in genere vorrei che non ci fosse stato, che cosa vorrei non aver fatto, che cosa mi dà disagio, che cosa mi pesa?".

Allora vedete che entra molto di voi stessi. La vita, non solo nei suoi peccati formali, "ho fatto questo, mi comporto male...", ma più ancora andare alle radici di ciò che vorrei che non fosse.
"Signore, sento in me delle antipatie invincibili... che poi sono causa di malumore, di maldicenze, sono causa di tante cose... Vorrei essere guarito da questo. Signore, sento in me ogni tanto delle tentazioni che mi trascinano; vorrei essere guarito dalle forze di queste tentazioni. Signore, sento in me disgusto per le cose che faccio, sento in me pigrizia, malumore, disamore alla preghiera; sento in me dubbi che mi preoccupano.. ".

Se noi riusciamo in questa confessione di vita ad esprimere alcuni dei più profondi sentimenti o emozioni che ci pesano e non vorremmo che fossero, allora abbiamo anche trovato le radici delle nostre colpe cioè ci conosciamo per ciò che realmente siamo: un fascio di desideri, un vulcano di emozioni e di sentimenti, alcuni dei quali buoni, immensamente buoni... altri così cattivi da non poter non pesare negativa¬mente. Risentimenti, amarezze, tensioni, gusti morbosi, che non ci piacciono, li mettiamo davanti a Dio, dicendo: "Guarda, sono peccatore, Tu solo mi puoi salvare. Tu solo mi togli i peccati".


E il terzo: la confessione della fede, "confessio fidei".
Cioè non serve a molto fare uno sforzo nostro. Bisogna che il proposito sia unito a un profondo atto di fede nella potenza risanatrice e purificatrice dello Spirito.
La confessione non è soltanto deporre i peccati, come si depone una somma su un tavolo. La confessione è deporre il nostro cuore nel Cuore di Cristo, perché lo cambi con la sua potenza.

Quindi la "confessio fidei" è dire al Signore: "Signore, so che sono fragile, so che sono debole, so che posso continuamente cadere, ma Tu per la tua misericordia cura la mia fragilità, custodisci la mia debolezza, dammi di vedere quali sono i propositi che debbo fare per significare la mia buona volontà di piacerti".

Da questa confessione nasce allora la preghiera di pentimento: "Signore, so che ciò che ho fatto non è soltanto danno a me, ai miei fratelli, alle persone che sono state disgustate, strumentalizzate, ma è anche un'offesa fatta a Te, Padre, che mi hai amato, mi hai chiamato".
E' un atto personale:"Padre, riconosco e non vorrei mai averlo fatto... Padre, ho capito che...".
Una confessione fatta così non ci annoia mai, perché è sempre diversa; ogni volta ci accorgiamo che emergono radici negative diverse del nostro essere: desideri ambigui, intenzioni sbagliate, sentimenti falsi.
Alla luce della potenza pasquale di Cristo ascoltiamo la voce: "Ti sono rimessi i tuoi peccati... pace a voi... pace a questa casa... pace al tuo spirito...".
Nel Sacramento della Riconciliazione avviene una vera e propria esperienza pasquale: la capacità di aprire gli occhi e di dire: "E' il Signore!".

 

 

Schema per l'esame di coscienza

• Chi guida la tua vita? Il tuo io carnale ed egoista, alla continua ricerca di te stesso o l'Amore di Dio che ti libera, ti ricrea, ti fa soggetto capace d'amare? Quanto spazio dedichi a Dio nella tua giornata per pregare, riflettere, contemplare? Sai scoprire nella tua esistenza i segni del passaggio di Dio? Sei abbastanza vigilante per saper riconoscere le sue chiamate?

• Come ti sai accettare? Per quello che sei: con i doni che hai, il servizio che puoi svolgere, nonostante i tuoi limiti, o ti sogni in una realtà ideale e fantastica, che ti gratifica, ma non ti impegna?

• Ringrazi continuamente il Signore perché ti ha fatto così, o ti lamenti? Ti senti protagonista della tua vita, capace di assumerti le tue responsabilità, o preferisci che siano gli altri a decidere per te? Sei convinto che devi essere tu il principale artefice della tua crescita personale?

• In famiglia sei elemento di comunione o di divisione? Come rispetti i tuoi familiari? Li sai accogliere nelle loro originalità, proprio perché sono così? Tenti e ritenti il dialogo? Sai accettare anche i limiti dei tuoi familiari, la loro impreparazione o incompletezza? La tua casa è ·una casa- o un albergo? I tuoi sono .i tuoi .. oppure semplicemente i tuoi servi?


• I tuoi amici: li vorresti altri te stesso, o li aiuti a diventare quello che devono essere? Sai collaborare con loro? O finisci sempre col prevalere? Sei autentico con i tuoi amici? O ti riveli solo per quello che conviene, senza mai presentare la tua vera identità? Hai imparato a far pace con gli altri, a superare antipatie, gelosie, interessi meschini?

• Il tuo gruppo: lo senti come un «caldo rifugio» per stare insieme o in esso ti giochi dando te stesso, le tue energie di cuore, di mente? Come ti senti responsabile degli altri amici del tuo gruppo? Sai condividere le loro difficoltà, i loro pesi?

• Quanto tempo sei disposto a perdere, soprattutto quando sono richiesti maggiore generosità e fatica? Sei costante nell'impegno di gruppo? Nel tuo gruppo sei elemento di unità? O permetti che circoli la critica, la diffidenza, che regni l'isolazionismo? Siete persuasi che il vostro gruppo è l'unico valido e santo o tentate strade di collaborazione, di stima, di fiducia con altri, che vivono modi e stili diversi dai vostri?

• Nella scuola o sul lavoro vivi la maggior parte della tua giornata. Sai rendere l'ambiente scolastico o professionale luogo fecondo di umanità? O ti chiudi in te stesso, attento solo al tuo interesse, desideroso di fare bella figura? Hai imparato a collaborare? Sai confortare gli altri quando sono tristi o preoccupati? Sai scegliere anche chi è messo da parte perché timido o inesperto o incapace di esprimersi? Come ti stai preparando ad assumere le responsabilità nel mondo in cui vivi, nella società? Ti stai formando una coscienza professionale e politica?

• Stai imparando a diventare padrone del tuo corpo, della tua sessualità, o ne sei schiavo? Schiavo delle passioni, della sensualità, della mentalità egoistica, in cui il corpo è esaltato per se stesso? Come ti impegni a mantenerti casto? Se vuoi essere puro nelle intenzioni segrete del cuore e nelle azioni, non puoi permetterti tutto: spettacoli di ogni genere, discorsi licenziosi e ambigui, ecc…. O ti credi abbastanza forte da non aver bisogno di vigilanza e di continua purificazione?

• Nella tua comunità di fede hai un posto, una voce, una responsabilità? O deleghi facilmente gli altri con scuse qualunque: “non ho tempo, ho i compiti, ho l'amico/a” ?

• Come celebri l'Eucaristia: da isolato o con gli altri? Come vivi l'Eucaristia nella tua settimana: sentendoti portatore del peso degli altri o ripiegato sui tuoi interessi?

• Come ti incontri con la Parola di Dio? Lasci che essa ti provochi e ti rinnovi, o la fai scorrere via?

• Ti senti responsabile della crescita, della maturazione della fede degli altri? Sei capace di essere nella tua comunità voce profetica, per tentare vie nuove di an¬nuncio del Dio che salva e di servizio ai poveri?

• Come traduci l'appello che Cristo nella Chiesa rivolge a tutti di seguirlo? Vivi la tua vita come ricerca della vocazione che il Signore affida proprio a te? Come rispondi? Sai quali sono le vere urgenze del popolo di Dio oggi?

• C'è un mondo che soffre, anche vicino a te: i nuovi poveri. Hai gli occhi sufficientemente aperti per riconoscere le forme di' povertà che ogni giorno ti interpellano? O ti senti esonerato dal condividere queste realtà? O deleghi facilmente gli altri? Quanto tempo dai, o ti stai impegnando a dare, per soccorrere anziani, handicappati, drogati; ecc.? Pensi a forme concrete di servizio nelle varie strutture del volontariato?

Ultima modifica il Sabato, 27 Agosto 2016 20:13
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