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Lunedì, 02 Febbraio 2015 21:23

Compiti dell'animatore

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Compiti dell'animatore di gruppo


1. PREPARAZIONE


Il successo di un animatore di gruppo dipende in gran parte da una preparazione adeguata. Essa include un'accurata diagnosi della propria persona e del suo ruolo, una diagnosi del gruppo, delle sue aspettative e disponibilità all'apprendimento, e una diagnosi dell'intera situazione di apprendimento. Per quanto riguarda il modo di procedere, l'animatore deve prendere in considerazione diverse alternative, poi deciderà quale procedimento offre l'aiuto più grande al gruppo concreto. In certe situazioni potrà poi modificare il suo metodo durante il lavoro. La sicurezza acquisita per mezzo di una buona preparazione conferisce all'animatore una certa facilità nel condurre il gruppo e gli dà la possibilità di presentare l'insieme delle sue proposte di lavoro in modo informale. In tal modo favorisce un clima che incoraggia a comunicare informazioni e sentimenti.
Prima di stabilire come progetterà la situazione di apprendimento, quante informazioni teoriche darà, quali giochi d'interazione proporrà, ecc., l'animatore di gruppo deve porsi alcune domande fondamentali. Esse suonano molto generali, ma se non se le pone sarà facile che in seguito sorgano spesso frustrazioni per lui e per il gruppo, soprattutto nel caso in cui non si raggiungono gli obiettivi a cui si tende.

Chi sono io nei confronti di questo gruppo?


Anzitutto va posta questa domanda che deve definire l'identità dell'animatore nei confronti del gruppo concreto. L'animatore deve domandarsi seriamente chi è in relazione al gruppo. Ha nel gruppo un ruolo legittimato? Quale? Come influenzerà la sua capacità di azione? Quali saranno gli interventi che potrà fare?

Chi c'è nel gruppo?

E' inoltre importante sapere chi ci sarà nel gruppo. Hanno già fatto parte di simili gruppi in precedenza, oppure questo è il loro primo gruppo di interazione? Come vivranno questa particolare situazione di apprendimento? Vengono volontariamente al gruppo o sono obbligati ad andarci? In quale misura i partecipanti si conoscono a vicenda e quali esperienze precedenti hanno gli uni degli altri? Quanto omogeneo o eterogeneo è il gruppo? Come reagiranno i partecipanti alla mia persona, al mio stile di animatore di gruppo e alla mia personalità?

Quali sono i miei obiettivi?

Soprattutto nelle prime riunioni è importante che l'animatore si ponga obiettivi ben chiari. Se egli pensa solamente: «Vorrei aiutare i partecipanti», i suoi obiettivi non sono né chiari né sufficientemente elaborati. L'animatore di gruppo deve quindi chiedersi: «Quali sono precisamente i miei obiettivi riguardo a questo gruppo?».
Di solito conviene formulare insieme con il gruppo gli obiettivi di apprendimento. All'inizio di una riunione l'animatore può comunicare in modo semplice e diretto i suoi obiettivi dicendo anche come li vuole raggiungere e in quanto tempo. Ciò dà ai partecipanti la possibilità di prendere posizione al riguardo proponendo anche delle modifiche.
Questo non è però l'unico modo di procedere. L'animatore può anche chiedere ai partecipanti di esprimere le loro aspettative e i loro obiettivi, per decidere poi quanto lui possa e voglia collaborare con i partecipanti per raggiungerli.

Quale «vocabolario» posso usare?


Troppo spesso gli animatori di gruppo ritengono di usare parole o concetti che sono facilmente compresi dai partecipanti; la qual cosa non succede invece sempre.
Più l'animatore si esprime in modo semplice, preciso e con esempi, e meglio è per il suo lavoro.

2. COMPITI DELL'ANIMATORE CENTRATI SUL GRUPPO

Promuovere la coesione del gruppo

La «coesione di gruppo» raramente si sviluppa da sé. Nella maggior parte dei casi l'animatore deve fare grandi sforzi per raggiungere con i partecipanti tale coesione.
Questo vale anzitutto all'inizio del lavoro con un gruppo, quando non si sono ancora sviluppate solidarietà e fiducia reciproca. In questa situazione l'animatore deve impegnarsi affinché l'interazione fra i partecipanti diventi più intensa e più frequente. Un gruppo raggiunge la coesione desiderata solo a patto che i partecipanti si accorgano che nessun membro del gruppo riceve particolari favori. Questo vale anche per l'animatore. Anche lui deve poter essere considerato in un certo senso «uguale». Non deve parlare sempre né attrarre continuamente l'attenzione dei partecipanti su di sé, solo perché lui è l'animatore e ha quindi una certa responsabilità funzionale.
L'animatore non deve essere «superattivo». D'altra parte non deve essere neanche troppo poco attivo.
Perché si possa sviluppare la coesione del gruppo, i partecipanti devono cominciare a poco a poco a stimarsi reciprocamente, cosa che diventa molto difficile se l'animatore «osserva» le interazioni dei partecipanti da una posizione distaccata senza partecipare ad esse.
E' in genere molto utile se, proprio nella difficile fase iniziale, l'animatore esprime nel gruppo anche le proprie reazioni, sentimenti e pensieri. Può dire, per esempio, che il tema da trattare è difficile anche per lui, o che è un po' preoccupato per la grandezza del gruppo, oppure che è agitato. Ma può comunicare anche gioia e piacere, dicendo ad esempio che gli fa piacere lavorare con questi partecipanti. E importante comunque che l'animatore sia sincero quando parla dei suoi sentimenti. Solo così è in grado di favorire nel gruppo un clima pieno di fiducia che è fondamentale per il lavoro successivo.
Dovrebbe inoltre accennare a esperienze sue personali riguardo i temi di cui si parla, ma senza mettere se stesso troppo al centro. Nella fase iniziale l'animatore di gruppo deve osservare con molta cura gli schemi d'interazione del gruppo per vedere se ci sono già sottogruppi o se si stanno costruendo. Alcuni giochi d'interazione si prestano bene per verificare questo punto. ' Si può provare anche il seguente.
L'animatore chiede ai partecipanti di girare per due minuti in modo disordinato. Dopo di che dà l'istruzione che il gruppo si divida in quattro sottogruppi, non necessariamente tutti eguali come numero di persone. La composizione di questi quattro sottogruppi sarà il tema della fase di approfondimento che seguirà.
Quanto più grande è il gruppo, tanto più grande è la probabilità che alcuni partecipanti si mettano insieme in gruppi più piccoli sulla spinta di valori, convinzioni e situazioni di vita comuni. Di solito i membri del sottogruppo tendono a ignorare i partecipanti degli altri sottogruppi o ad aggredirli, mentre invece tendono a sostenersi reciprocamente e a confermarsi a vicenda. Se l'animatore non si accorge di una tale suddivisione in sottogruppi, il gruppo facilmente si spezza e ne vengono fuori gruppetti che potranno fortemente ostacolarsi l'un l'altro nel lavoro. Per cui è importante che l'animatore promuova interazioni fra tutti i partecipanti, e anzitutto fra quelli che si evitano vicendevolmente.

Riassunto per temi


Anche in gruppi che si occupano di argomenti fissati già in precedenza, I'animatore dovrebbe riassumere ogni tanto risultati e opinioni dei partecipanti per dare una visione d'insieme di quanto è stato detto, e per tirare le somme e sviluppare aspetti ulteriori. In questo l'animatore non si limiterà a ripetere parola per parola quanto è stato detto, ma parlerà piuttosto anche delle sfumature emozionali con cui si sono trattati tali problemi, e se necessario chiarirà anche elementi importanti del processo di gruppo.
E' importantissimo che i pensieri e i sentimenti principali dei diversi partecipanti siano sintetizzati in modo breve e puntuale. L'animatore svolgerà questo compito con cautela, dato che non può essere sicuro di aver inteso o interpretato bene quanto i partecipanti hanno espresso.
Questi riassunti vanno fatti quindi con prudenza. L'animatore potrebbe dire, per esempio: «Se ho capito bene, mi sembra che vogliate dire che. . .?», ecc. Se l'animatore di gruppo fa questi riassunti soprattutto nella fase iniziale in modo molto cauto, non corre il grosso rischio di irritare i partecipanti e di distruggere la coesione del gruppo. Inoltre evita di presentarsi da animatore onnisciente.
Mentre riassume, I'animatore deve tener presente ovviamente anche il fatto che ci sono diverse opinioni. E chiaro che esse vanno tutte rispettate e menzionate. E decisamente importante che l'animatore colga anche le opinioni della minoranza e che le tenga in considerazione. Tenendo conto delle diverse posizioni e opinioni, egli non solo favorisce l'ulteriore discussione, ma evita pure facili compromessi e incoraggia tutti ad affrontare le differenze in modo costruttivo. I riassunti dell'animatore danno inoltre ai partecipanti l'opportunità di verificare personalmente se hanno afferrato quanto è stato trattato nel gruppo. Coll'andare del tempo si arriverà al punto in cui gli stessi partecipanti faranno tali riassunti.
A volte i riassunti dei partecipanti contengono distorsioni; I'animatore deve allora stare attento perché qualcuno non cerchi di manipolare il gruppo tramite tali distorsioni.
Esempio di un riassunto che sembra una chiara manipolazione: «In gran parte delle prese di posizione espresse ultimamente si vede chiaramente quanto è autoritario il nostro animatore».
E quindi sempre importante che nel caso di siffatti riassunti si esamini se ci sia veramente un consenso e quali siano i limiti di tale consenso. L'armonia totale è di fatto una caricatura della coesione del gruppo. Questa coesione vive, invece, sulla base di una tensione fra unità e molteplicità.

Promuovere l'interazione all'interno del gruppo


Molto frequentemente l'interazione all'inizio della vita dei gruppi è limitata. L'animatore deve prepararsi a tali situazioni. All'inizio i partecipanti si rivolgono spesso esclusivamente all'animatore perché egli viene percepito come «leader». I partecipanti lo interrogano, vogliono sentire il suo parere su tutto, è lui che deve risolvere i conflitti, che deve divertire i partecipanti, che deve provvedere affinché il gruppo abbia un compito, ecc. I partecipan ti chiedono il suo intervento, si vogliono far proteggere e guidare da lui. In questa fase di «dipendenza» il gruppo attribuisce inconsciamente all'animatore funzioni che potrebbe svolgere lui stesso con le proprie forze.
L'animatore terrà conto di questa «legge naturale» psicosociologica giocando, all'inizio del lavoro con un gruppo, un ruolo più attivo e maggiormente strutturante. Col passar del tempo diminuirà la sua attività e i suoi interventi, prendendo un po' di più il posto di osservatore.
Domande rivolte all'animatore riceveranno a volte risposta diretta; a volte invece saranno con cautela poste al gruppo. Se l'animatore vuole la maggior partecipazione possibile al processo di gruppo, è importante che sappia ribaltare sul gruppo alcune domande rivolte a lui. Se non fa questo, non ci si libererà mai dalla dipendenza dal leader.
E inoltre importante che l'animatore sappia verbalizzare anche messaggi inespressi e non verbali. Per esempio potrebbe dire: «Maria, ho visto che hai fatto cenno di no con la testa quando Tonino parlava della sua esperienza nei rapporti con i suoi genitori. Vorresti dire a Tonino che cosa significa questo gesto?».
La qualità dell'interazione all'interno del gruppo dipende poi anche dalla «disposizione fisica», vale a dire dal modo in cui le persone si mettono sedute. L'uso di tavoli limita quasi sempre l'interazione fra i partecipanti, e quelli rettangolari sono ancora peggio di quelli rotondi. Il motivo è che non tutti i partecipanti sedutisi intorno a un tavolo rettangolare si possono guardare in faccia vicendevolmente. Dato che usiamo innanzitutto due «canali» della comunicazione, e cioè la vista e l'udito, risulta più favorevole alla comunicazione quel modo di sistemare le sedie che permette l'uso di ambedue i «canali», cioè il cerchio. La soluzione ottimale è pertanto quella di sistemare le sedie a forma di un cerchio senza servirsi di un tavolo. In tal modo non si può usare dei mobili come di barriere di difesa psicologica, e in più si favorisce la mobilità dei partecipanti.

Risolvere conflitti

In tutti i gruppi esiste un certo potenziale di conflitti. I motivi di tali conflitti sono molteplici: frustrazione perché esigenze individuali non sono state appagate, obiettivi opposti da parte dei diversi partecipanti, rivalità inespressa, arrabbiature non manifestate, delusione riguardo al modo con cui l'animatore svolge il suo compito, ricerca di orientamenti definiti, e paura di una nuova e più difficile situazione.
In alcuni gruppi conflitti inespressi possono condurre al punto in cui degenera del tutto la comunicazione del gruppo e si scatena una guerra a colpi di spillo.

Diagnosi della situazione psicosociale

L'animatore deve essere in grado di comprendere la situazione psicosociale del gruppo e di influenzarla. Deve cercare di valutare i vari avvenimenti nel gruppo dalla prospettiva dei partecipanti coinvolti. E' sorprendente quante volte gli animatori prendono delle cantonate quando devono intuire l'importanza che un avvenimento apparentemente banale assume per qualcuno del gruppo. Un'affermazione che dal punto di vista dell'animatore o di un partecipante è forse solo un tranquillo rifiuto, spesso è vista come una catastrofe terrificante da parte della persona che ne è coinvolta. Questo vale soprattutto quando si tratta di partecipanti che hanno poca esperienza con gruppi. L'animatore deve quindi tener conto della forza e del potere straordinari di certi processi che si svolgono all'interno del gruppo per poter valutare correttamente le difficoltà dei singoli.

Promuovere la tolleranza


Talvolta c'è nei gruppi troppo poca disponibilità a lasciar lavorare i partecipanti secondo il loro «ritmo» personale, e si cerca di rompere con forza i meccanismi di difesa o di isolare i partecipanti che non agiscono subito secondo le norme del gruppo. L'animatore richiamerà allora l'attenzione su questo comportamento e interverrà a favore dei partecipanti «compressi». Se invece un membro del gruppo è talmente fuori fase nel suo modo di comportarsi da non riconoscere non solo la sua opposizione agli obiettivi comuni di apprendimento, ma da essere anche terrorizzato da ciò che capita nel gruppo e da sentirsene minacciato, allora l'ulteriore partecipazione di costui può essere di gran peso sia per lui stesso che per l'animatore e per l'intero gruppo. In questa situazione l'animatore deve chiedersi se possa rischiare di continuare a far partecipare questo membro manifestamente disturbato. Non è certo facile chiedere a un membro di lasciare il gruppo. Tuttavia ci sono dei casi in cui l'animatore deve prendere una tale decisione radicale.
Egli deve però agire con grande tatto.

Tener conto delle resistenze personali


L'animatore di un gruppo d'interazione deve avere sufficiente comprensione per le diverse sensibilità e la necessità dei meccanismi di difesa. Essi vanno rispettati. Tempo e pazienza da parte dei membri del gruppo e da parte dell'animatore sono presupposti importanti per lo sviluppo della personalità. E crudele e oltremodo improduttivo aggredire un singolo partecipante o rimproverarlo per togliergli i suoi abituali meccanismi di difesa. Se l'animatore attacca un membro del gruppo perché rifiuta di adattarsi ai suoi ritmi temporali e di realizzare i cambiamenti da lui immaginati, questo animatore agisce in modo sciocco e irresponsabile.
Animatori «frettolosi» che stimolano e forzano i partecipanti con tono troppo entusiasta, perché si operi subito un certo cambiamento, si trovano su una strada pericolosa. Strutturazione del processo di apprendimento

L'animatore di gruppo deve far sì che le diverse situazioni di apprendimento corrispondano ai seguenti principi dell'apprendimento psicosociale:

• L'apprendimento si verifica quando il soggetto si impegna a livello emozionale.
• Colui che apprende deve quindi essere attivo, e cioè deve entrare in relazione con gli altri membri del gruppo e impegnarsi in attività comuni.
• Egli deve approfondire a livello cognitivo le sue proprie osservazioni, raccogliere dati sulle conseguenze del modo di comportarsi proprio e altrui, e saper valutare queste osservazioni secondo i principi fondamentali dell'apprendimento sociale e individuale.
• Compito dell'animatore è di favorire nel gruppo un clima che stimoli un approfondimento basato sull'esperienza, clima caratterizzato dalla disponibilità e dall'apertura a sperimentare nuovi modi di comportamento. Chi apprende deve poter sviluppare la fiducia in se stesso e negli altri, senza però giungere a uno stato di sicurezza psicologica eccessiva, che non permetterebbe la spinta al rischio del cambiamento. Per un effettivo apprendimento è certamente importante uno scambio di informazioni su sentimenti, pensieri e percezioni.
• Non si può fare a meno di esperienze concrete «qui-ora» se si vuole conoscere se stessi e studiare il processo di gruppo. I dati più importanti si ricavano dal comportamento dei singoli partecipanti nella loro interazione reciproca. Esperienze nel «qui-ora» sono «di prima mano», sono pubbliche e hanno una base emozionale. Chiunque può iniziare a far qualcosa con questi dati, perché sono freschi, verificabili e aperti a un'analisi comune.
• Ciascun partecipante deve trovare uno sfondo e un punto di riferimento psicologico che gli permettano di trasferire le esperienze di apprendimento dall'ambito del gruppo alla sua vita quotidiana, per compiere lì ulteriori esperimenti.
• Visti i reali pericoli insiti nel lavoro con il gruppo, tocca all'animatore evitare quanto più possibile eccessive richieste psichiche.

3. COMPITI DELL'ANIMATORE CENTRATI SUI PARTECIPANTI


Ascoltare

Uno dei compiti più importanti dell'animatore è di ascoltare con grande attenzione tutto ciò che dicono i partecipanti. Allora egli cercherà di entrare nella prospettiva esperienziale di colui che parla, per poter capire bene i suoi processi mentali ed emotivi. L'animatore si mette, per così dire, gli occhiali dell'altro per cercare di vedere le cose nello stesso modo. Si tratta dell'empatia: assumere un angolo di visuale che non è il nostro.
Ciò richiede la disponibilità ad abbandonare di tanto in tanto il proprio punto di vista, a dimenticare le proprie idee per entrare totalmente nel mondo dell'altro.
Questo modo di ascoltare presuppone da parte dell'animatore il desiderio di comprendere veramente bene chi sia l'altro e cosa voglia esprimere. L'animatore deve avere l'intenzione di stare accanto all'altro, rispettando i suoi pensieri, sentimenti e opinioni. Quando ascolta, non penserà: «Però dovresti vedere tutte queste cose da un altro punto di vista»; ma dirà invece dentro di sé: «Voglio proprio sforzarmi di vedere le cose così come le vedi tu». Dato che non possiamo mai essere completamente sicuri di aver capito bene ciò che ha detto l'altro, è importante controllare la precisione di ciò che abbiamo afferrato. Una buona possibilità per limitare fraintendimenti e per evitare che sia alterato quello che dice l'altro, consiste nel ripetere con le proprie parole ciò che l'altro ha detto, per vedere poi se abbiamo capito bene o meno. Un buon animatore cercherà quindi abbastanza spesso di ripetere con le proprie parole le affermazioni emozionali o intellettuali dei partecipanti per essere sicuro di aver capito bene.
La disponibilità ad ascoltare con attenzione da parte dell'animatore facilita la disponibilità dei membri del gruppo al cambiamento. Se uno sa che c'è chi lo ascolta con attenzione e che vuole capire, allora può sentirsi più sicuro, allora mobilita più facilmente le energie necessarie per esprimersi più diffusamente e in modo più sicuro.
Per molti partecipanti è in un primo momento abbastanza inusuale se l'animatore risponde a una affermazione dicendo semplicemente: «Tu dici quindi che questa cosa è così e così.. .», appunto perché aspettano che l'animatore confermi o neghi quanto è stato detto. Ma presto impareranno che l'ascolto al fine di comprendere non include l'acconsentire al contenuto dell'affermazione.

Bloccare appelli di cambiamento


Il nemico più grosso di qualsiasi cambiamento è la costrizione. Se qualcuno viene costretto a soffocare la propria aggressività, potrà forse evitare che essa si manifesti apertamente, spesso però reagirà comunque in modo aggressivo, anche se lui stesso non se ne accorge, manifestando tale aggressività attraverso la struttura delle sue azioni. Se invece uno si accorge che ha a volte impulsi aggressivi e accetta l'esistenza di tali impulsi, troverà mezzi e vie per vivere la sua aggressività in un modo che non danneggia gli altri.
Non è possibile creare subito nel gruppo un clima che sia assolutamente privo di appelli al cambiamento. L'animatore può però favorire nel gruppo un'atmosfera in cui i partecipanti si accettano a vicenda, evitando lui stesso ogni tipo di costrizione che tende a «cambiare» i partecipanti, e avvertendoli che certe reazioni spaventano gli altri. A questo scopo l'animatore può richiamare l'attenzione del singolo a quello che sta facendo, invitandolo a individuare i suoi propri sentimenti e desideri che stanno dietro il suo appello al cambiamento.

Ora elencheremo diverse classi di appelli al cambiamento mediante i quali si cerca di «manovrare» gli altri. Caratteristico è ogni volta il fatto che il modo in cui gli appelli al cambiamento vengono espressi, fanno vedere alI'altro che qualcuno lo vuole dominare, giudicare, gli vuole dare consigli o ha intenzione di criticarlo. Non è trattato quindi come una persona adulta che gode degli stessi diritti degli altri, ma piuttosto come un bambino cui si deve spiegare come una cosa va fatta.

• Valutazione
A questa classe appartengono affermazioni che condannano, che sono moralistiche o che giudicano.
Alcuni esempi: «Ma tu sbagli sempre... Hai torto... Che stupidaggine... Impieghi troppo tempo... Che ridicolo che sei...». Ovviamente fanno parte di questo gruppo anche segnali di critica non espressi con parole, ad esempio: sorridere di qualcuno, deriderlo, arricciare il naso, ecc.
Tutte queste reazioni mostrano l'intenzione di far pressione su qualcuno, perché si comporti diversamente. Quanto allora non esprime colui che critica, è il suo proprio interesse e vantaggio che otterrebbe se l'altro cambiasse. L'elemento manipolante che qui entra, è appunto che la persona che critica parla in modo apparentemente disinteressato e pseudobenevolo. Quando si verifica un simile tentativo di «controllo», molti reagiscono tirandosi indietro, e investono così le loro energie in meccanismi di difesa e non invece in contributi a realizzare il compito del gruppo.
Non proprio così svantaggiose sono le affermazioni che esprimono un complimento: «Questo l'hai fatto bene... Mi affascina quello che dici... Sei un ottimo animatore...». Ma anche in questi casi chi è stato lodato avvertirà a volte un tentativo di manipolazione a cui reagisce in modo difensivo. Il desiderio (e l'invito) di cambiamento che viene frequentemente espresso mediante complimenti, in realtà (e in parole più dirette) suona così: «Mi piaci finché ti comporti come fai adesso. Ma guai se fai diversamente!». Tali complimenti cercano quindi di tenere a bada impulsi e modi di agire non desiderati in modo «preventivo», prima cioè che essi possano realizzarsi.
L'animatore deve quindi stare attento a complimenti che cercano di obbligare qualcuno a comportarsi in un certo modo, e richiamerà l'attenzione della persona interessata ai desideri che si nascondono dietro i complimenti.

• Dare ordini
Fanno parte di questa classe le affermazioni mediante le quali si danno ordini o comandi, si avanzano delle pretese, si pongono degli ostacoli agli altri: «Devi fare questo... Calmati... Non essere triste... Devi stare attento...». Vi appartengono pure affermazioni con cui si esprime un obbligo o si ammonisce: «Dovresti essere più sicuro... Sarebbe meglio se tu cambiassi... Questo un'altra volta non lo dovresti fare...».
Tali affermazioni non accettano l'altro così come è, anzi pretendono un cambiamento da parte sua. Gli si ordina di pensare, sentire e comportarsi diversamente. Consapevolmente o meno, si è costretti facilmente a pensare: «Devo cambiare... Farei un piacere all'altro se cambiassi». Atteggiamenti del genere difficilmente contribuiranno ll'autonomia dell'altro, anzi ridesteranno in quest'ultimo atteggiamenti opposti: «Io dovrei cambiare? Neanche a parlarne!».
Quando ci si imbatte in affermazioni del genere, I'animatore dovrebbe richiamare che non ci sono modi di comportarsi giusti o sbagliati, e che il cambiamento di uno è possibile solo quando rappresenta un suo sviluppo interiore.

• Aiutare e consolare
Molti non sopportano che uno sia triste o che magari si metta a piangere; iniziano subito a consolarlo, e offrono troppo presto aiuto e conforto: «Non essere così triste... Ma non è poi tanto grave... Su, non te la prendere troppo...». Non vedono che sentimenti, e quindi anche sentimenti di tristezza, di solito vanno vissuti fino in fondo perché l'interessato possa poi passare ad altri sentimenti. Quasi sempre tali consolatori aiutano, più che altro, se stessi, perché così non devono poi provare loro stessi sentimenti tristi. E inoltre con tali prestazioni di aiuto il consolatore può dimenticare i propri guai, dato che ha tanta forza da poter aiutare un «debole». Egli dimentica pure che in molte situazioni la maggior parte di noi è assolutamente in grado di sopportare e superare momenti difficili.
Sarebbe molto meglio se si esprimesse simpatia e tenerezza nei confronti di chi «soffre» solo «dopo», quando ha vissuto sufficientemente la sua tristezza. Succede a volte che qualcuno esca dalla stanza dove si riunisce il gruppo, per poter vivere forti sentimenti di tristezza senza che ci siano spettatori. Si tratta perlopiù dell'esigenza di proteggersi, che è del tutto normale e va dunque accettata dall'animatore. Quest'ultimo dovrebbe pertanto impedire che altri escano per consolare la persona triste. Perché ci sia chiarezza, conviene che l'animatore sottolinei il fatto che tutti hanno il diritto di vivere per sé certi momenti personali, e magari anche di uscire dalla stanza dell'incontro di gruppo.
D'altra parte ci sono chiaramente anche situazioni in cui qualcuno soffre talmente tanto di solitudine e prova un dolore tale da aver bisogno della vicinanza protettrice di altri o dell'animatore. In tal caso conviene che o l'animatore o un altro compagno esprima, simbolicamente, attraverso un leggero contatto fisico, vicinanza e partecipazione nei confronti di questa persona.

• Psicologizzare

Spesso qualcuno usa la propria presunta conoscenza della psicologia per criticare gli altri in modo indiretto, ed esercita l'arte della lettura del pensiero e della «divinazione»: «Tu hai un problema di autorità. . . Perché hai fatto questo?. . . Sei cinico... Lo dici perché tuo padre era troppo severo... Non pensi affatto ciò che dici...». Chi è criticato in tal modo o reagisce sulla difensiva o si arrabbia.
Quando viene criticato il nostro comportamento, sospettiamo spesso giustamente che si dubita della nostra azione o delle nostre affermazioni forse con l'intenzione di cambiarle. L'animatore deve quindi far sì che nel gruppo non ci si metta a fare gli psichiatri che hanno il compito di svelare agli altri la verità. Troppo spesso tali interpretazioni sono proiezioni di chi le propone, per cui sono di ben dubbio uso.
E vero che a volte le interpretazioni sono utili a far comprendere, se sono ispirate dal desiderio di capire meglio l'altro e se stessi. Ma, almeno per i principianti, è difficile distinguere fra interpretazioni che vogliono «manovrare» l'altro e interpretazioni che sono veramente utili. Vale dunque per loro come regola approssimativa: è meglio aiutare qualcuno affinché lui capisca meglio che cosa pensa o sente, che non scoprire perché egli si comporti così e così.

Dare sostegno e protezione
A volte qualcuno del gruppo ha veramente bisogno del sostegno dell'animatore, sostegno che può essere molto importante se si tratta di uno che non è ancora molto accettato, oppure di un nuovo membro del gruppo che non si sente ancora a suo agio, o se l'atteggiamento del gruppo nei confronti di qualcuno è particolarmente critico o addirittura nemico.

Integrare coloro che stanno zitti

L'animatore deve far sì che tutti possano partecipare nella stessa misura alla vita del gruppo, per cui richiamerà l'attenzione dei membri molto dominanti al fatto che così tolgono ad altri la possibilità di partecipare. Ma di solito è meglio se l'animatore dà ai «silenziosi» la possibilità di parlare fra di loro sulla loro situazione.

Porre domande
Uno dei compiti essenziali dell'animatore è quello di aiutare ogni partecipante a diventare maggiormente consapevole di che cosa fa, che cosa evita, quali sentimenti prova, quali sono i suoi fini.
Sono assolutamente vietate le domande «perché», dal momento che sollecitano troppo facilmente speculazioni psicologiche e disperdono inutilmente energia intellettuale. Cattivi animatori pongono domande che non chiedono la fatica di riflettere e di prendere una propria personale posizione, o fanno domande nel momento sbagliato, per esempio introducendo argomenti che al momento non hanno nessuna importanza per il gruppo .
In linea di principio l'animatore deve sapere che il fare domande è essenzialmente un suo compito, al fine di stimolare i singoli e il gruppo a scoprire nuove importanti informazioni. Per i membri del gruppo è molto più importante esprimersi in una comunicazione reciproca tramite affermazioni anziché con domande.


Espressione di affetto e tenerezza


Molti—in modo particolare i maschi—hanno grossa difficoltà a esprimere i loro sentimenti di affetto e tenerezza. In tal modo si privano della possibilità di esprimere e mettere in atto una componente essenziale della loro personalità. Nello stesso tempo intimidiscono altre persone che vorrebbero mostrare loro apertamente affetto e amore. Così il «bilancio dell'amore» finisce facilmente con l'essere «in rosso». Intorno a loro si crea a volte un freddo clima di mania del lavoro e falsa praticità.
Come animatore di sesso maschile, spero di poter incoraggiare i partecipanti, e particolarmente gli uomini, a esprimere apertamente i loro sentimenti, anche i più teneri. Se io sono anche dolce nei confronti degli altri e faccio capire che anche a me fa piacere ricevere gesti affettuosi, allora posso aiutare gli altri perché esprimano anche loro più spontaneamente i sentimenti di tenerezza che provano.
Tra questi è compresa anche l'espressione fisica di affetto e tenerezza, per esempio l'abbraccio, il gioire con un partecipante, , o il prendere a braccetto uno che si sente momentaneamente solo e il mettersi seduto accanto a lui. Credo che il contatto fisico dell'animatore con i partecipanti sia un aspetto importante del suo comportamento all'interno del gruppo. Ciò presuppone però che l'animatore sia sicuro dei suoi sentimenti e che non usi il contatto fisico per nascondere la propria insicurezza.
Non va affatto bene se l'animatore gira nel gruppo abbracciando indifferentemente tutti. Se l'animatore vuole esprimere il suo affetto a un partecipante (maschio) e però sa che costui probabilmente resterebbe turbato davanti a un gesto di affetto, allora può andar bene una specie di lotta o qualcosa di simile. Anche così infatti può realizzarsi un contatto fisico, solo che questo avviene in modo che spaventa di meno. Queste lotte contengono un elemento giocoso, e vengono facilmente riconosciute e valutate come espressioni di interesse immediato e di affetto personale.
E importante esprimere vicinanza fisica soprattutto quando l'animatore vede che qualcuno prova, in una certa situazione, solitudine, dolore, disperazione senza che altri membri del gruppo gli diano la sicurezza di cui ha bisogno. In questa situazione l'animatore svolge simbolicamente il ruolo del genitore protettore.

Ultima modifica il Sabato, 27 Agosto 2016 19:18
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