Lunedì, 29 Novembre 2021 10:28

... e alla fine....

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… e alla fine, grazie al buon Dio per tutti voi!
L’aver vissuto a fine agosto la reiterazione di dinamiche ecclesiastiche che hanno messo a dura prova la mia capacità di testimoniare con gioia la passione per il possibile, mi ha convinto della necessità di chiedere al Vescovo un tempo congruo per il discernimento senza alcun incarico diocesano.
Terminare un servizio in periodo di pandemia e con un cantiere aperto può apparire una scelta poco prudente; sono convinto invece dell’insignificanza del mio contributo, così come credo che il buon Dio custodisce amorevolmente quanto ha chiamato all’esistenza: “Non si addormenta, non prende sonno il custode di Israele”.
La figura di Abramo, cui Dio chiede di assumere per la sua vita lo status di migrante, e l’essere ormai un veterano sul cammino di Santiago mi hanno aiutato ad interiorizzare il fascino dell’essere viatori, non residenti. Sin dal primo giorno del mio arrivo a Oppido ho vissuto l’ineludibilità di questo momento: la partenza, l’ad-Dio. Le coordinate che mi hanno sempre aiutato a non cadere nel rischio dell’abitudine e ad evitare un calo della tensione emotiva sono state due.
La prima. Una targa che mons. Vairo, ormai vescovo emerito, teneva in bella vista nella sua stanza in seminario. Vi si leggeva: ut primam, ut unicam, ut ultimam. Stava a significare lo spirito col quale vivere ogni eucaristia, ogni giornata, ogni incontro con le persone: come se fosse la prima volta, l’unica volta, l’ultima volta. E’ una dimensione che mette insieme passione e distacco, che richiama l’esigenza dell’essere mistici con i piedi per terra.
La seconda. Un discorso di san Paolo, che è parte delle pagine più belle che conservo a memoria.
"Voi sapete come mi sono comportato con voi per tutto questo tempo, fin dal primo giorno in cui arrivai in Asia: ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei; non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi, in pubblico e nelle case, testimoniando a Giudei e Greci la conversione a Dio e la fede nel Signore nostro Gesù. …Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al vangelo della grazia di Dio.
Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio. …
E ora vi affido a Dio e alla parola della sua grazia, che ha la potenza di edificare e di concedere l'eredità fra tutti quelli che da lui sono santificati. Non ho desiderato né argento né oro né il vestito di nessuno. Voi sapete che alle necessità mie e di quelli che erano con me hanno provveduto queste mie mani. In tutte le maniere vi ho mostrato che i deboli si devono soccorrere lavorando così, ricordando le parole del Signore Gesù, che disse: "Si è più beati nel dare che nel ricevere!"". (At 20)
Si può essere campioni nel gestire i sentimenti non lasciandosi troppo condizionare nelle relazioni, ma si è pur sempre umani: non manifestare non significa non sentire interiormente il brivido rispettoso per la bellezza di una comunità capace di custodire l’amore per i valori nell’agone della quotidianità.
So di non essere stato capace di corrispondere in pieno alle attese e a quanto tutti e ognuno meritavate; chiedo perdono a quanti potrei aver urtato con il mio comportamento.
La mestizia, per ciò che poteva essere e non sarà, non impedisce di provare sentimenti di profonda gratitudine per tutto quanto ho potuto costatare e gustare. Dio ci riveste di consolazioni, quasi a prendersi cura quotidianamente delle ferite che ci portiamo dentro.
Dico grazie a chi mi ha voluto nel ministero di parroco, sostenendomi nelle scelte pastorali con premura paterna e generosa fiducia;
ringrazio i sacerdoti che con il dono dell’amicizia e la fattiva collaborazione hanno alleviato le fatiche dell’apostolato;
ringrazio quanti hanno donato il loro tempo per significare concretamente la fede: il gruppo Caritas, il gruppo liturgico, il gruppo delle catechiste, i ministri straordinari dell’Eucaristia, l’equipe dì gestione dell’asilo, i giovani animatori delle celebrazioni, le suore che si sono succedute nella comunità; senza il loro apporto non si sarebbe realizzato nulla.
Ringrazio quanti negli anni hanno accettato la sfida di restituire le feste esterne alla loro originaria natura: dire la gioia per la presenza nel tempo di uomini e donne che hanno saputo fare spazio a Dio nella loro vita lasciandosi santificare; non so se siamo riusciti a separare il sacro dal profano (che non è peccato), ma almeno abbiamo provato a restituire alla fede del popolo il suo ruolo facendo venir meno la strumentalizzazione economica e il suo essere appannaggio di gruppi di potere lontani anni luce dalla mente del Fondatore.
La Chiesa è il corpo di Cristo: va servita amorevolmente in tutte le sue membra, non usata per la propria crescita personale, né violentata per soddisfare le proprie voglie.
Ringrazio quanti hanno condiviso la sfida del nuovo complesso parrocchiale ormai in costruzione. L’idea di mons. Ricchiuti l’abbiamo declinata come momento dì partecipazione e di crescita culturale e spirituale senza mai sacrificare trasparenza e professionalità resistendo e superando, con l’aiuto di Dio, malafede e dicerie.
Ringrazio le autorità, per la pazienza e la immeritata benevolenza con le quali mi hanno sempre supportato.
In tutti questi anni ho incontrato volti e storie di cui sempre ho cercato a modo mio di fare voce a Dio; ho incorniciato sorrisi e asciugato lacrime, ho toccato con mano il gaudio e la mestizia di tanti, ho visto l’entusiasmo e la fatica di vivere; ho vissuto la fierezza nascosta negli occhi lucidi dei papà e delle mamme quando presentavano i propri figli a ricevere i sacramenti dal battesimo al matrimonio e il dolore dei figli nel riconsegnare il corpo fattosi storia dei genitori alla madre terra; ho nella mente i fotogrammi di mamme che ricevevano la comunione con in braccio i pargoli e di mani color terra aprirsi quanto basta per ricevere l’eucaristia. Tutto ho ricevuto senza alcun merito. E con tale consapevolezza oso ancora chiedervi il perdono per non aver saputo tradurre in pienezza di vita la potenza della Parola e della mensa eucaristica, che sono certo continueranno ad essere il faro per il cammino di ognuno e di tutti.
Nonostante tutto, è stato bello cercare Dio e lasciarci trovare da Dio insieme, facendoci compagnia in tutti questi anni. Quanto più il tempo ci allontanerà tanto più saremo veri nel vivere la reciproca gioiosa stima e nel ringraziare il buon Dio per tutto; rimane solo il rimpianto di un abbraccio che avremmo voluto donarci già ora, ma che custodiremo per sempre gelosamente come desiderio a significare quell’immensa gratitudine che rende leggero il viaggio della vita.
Buon cammino!
Ultreja et suseya accompagnati dalla premura di Colui che “move il sole e l’altre stelle”.
mimì
Oppido Lucano, 28 novembre 2021
Ultima modifica il Domenica, 17 Dicembre 2023 17:23
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