Lunedì, 19 Gennaio 2015 22:37

La memoria taciuta delle donne

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        Quando sono gli  uomini e non la natura a provocare danni e disastri, le piaghe che si aprono nell’animo umano sono più profonde, più dolorose, richiedono più tempo per rimarginarsi. Gli uomini piangono sempre la guerra, puntano sempre il dito contro di essa, mai contro se stessi che la provocano e la combattono. Si è sempre pianto sul destino che tocca ai vinti, si piange l’olocausto degli ebrei, si piange la sorte di tanti prigionieri, si piange la distruzione di intere città, si celebrano i giorni della memoria, i giorni del ricordo, ma si combatte ancora, sempre.

     Nel secolo scorso si è combattuta forse la guerra più cruenta che sia mai stata combattuta, noi di questa ricorderemo l’effetto più triste che essa ha avuto e che la grande storia ha sempre messo da parte: la violenza contro chi non la voleva e non l’ha combattuta.

      Le vittime più dolorose di una guerra non sono coloro che la combattono, ma coloro che la vivono da lontano sulla propria pelle, sono le persone anziane, sono i bambini, sono le donne, che subiscono gli effetti più devastanti, più deprimenti.

      Da sempre, (Quis fuit, horrendus primus qui protulit enses?/ Quam ferus et vere ferreus ille fuit!) da quando l’uomo ha preso le armi per uccidere l’altro uomo, ha usato la donna come mezzo di ricatto, ha usato lo stupro profanando il corpo della donna, per umiliare il nemico vinto nella dignità di uomo, sia egli marito, padre, fratello.  La donna rimasta a casa sola, che ha visto il padre, il marito, il fratello partire per il fronte, è costretta a combattere una guerra privata contro tutto e contro tutti, deve far fronte, da sola, a tutte le necessità della vita quotidiana, al razionamento dei cibi, alla fame, alla carenza di materie necessarie per il vivere: pane, tessuti, zucchero. Le donne combattono una guerra privata, smettendo di essere solo madri, mogli o fidanzate. Esse non combattono solo contro il nemico, sia esso tedesco o fascista,  per riferirci all’ultima esecranda guerra da noi combattuta, ma per la liberazione da se stesse, dal pregiudizio morale e dalla discriminazione sociale imposta dalla cultura maschilista. Esse prendono in mano le redini della famiglia, allevano i figli, amministrano il patrimonio, escono dal nido, dallo stereotipo aspetto di angelo del focolare.

     La violenza contro le donne, anche in un periodo di guerra, attiene a quella cultura che considera l’uomo come gerarchicamente dominante rispetto alla donna, soprattutto nelle relazioni sessuali. La violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani, è un crimine contro lo ius gentium che lede la sacralità della persona.

    Tutte le guerre hanno visto la donna subire violenze e abusi. Nell’antichità esse non venivano uccise, ma schiavizzate per soddisfare l’uomo nei suoi desideri. Dopo il famoso incendio di Troia, Ecuba e le sue figlie costituirono bottino di guerra ambito e andarono schiave dei prìncipi greci, mentre gli uomini furono passati per le armi. La regina invocò la morte per sé e le sue figlie, ma fu punita con la schiavitù sessuale nel corpo delle sue figlie. I Greci, ritornando da Troia vittoriosi, portarono a casa, come bottino e trofeo di guerra, le donne, mogli e figlie dei vinti. La tragedia greca condanna la guerra per le conseguenze aberranti e umilianti che trascina con sé, prima fra tutte la riduzione in schiavitù delle donne, che Euripide, attraverso la sorte di Andromaca, moglie di Ettore, un tempo principessa invidiata e fortunata, amaramente compiange nella sua tragedia. 

     La storia, però, ci dice che la violenza, forse la più terribile e crudele, è stata quella subita dalle ciociare nel 1944 dal contingente marocchino dell’esercito francese, sbarcato in Italia dopo l’armistizio di Cassibile. Vennero costoro come liberatori, ma da cosa, se si macchiarono di un crimine orribile contro civili inermi. Usarono un’arma formidabile per annientare la dignità di un popolo già distrutto da decenni di soprusi: lo stupro. La loro violenza sul corpo delle donne della Ciociaria ha preso nome di marocchinate, e fu quasi ignorata dalle autorità.

    La violenza contro i civili, e lo stupro, in particolare,  non furono considerati dalle autorità militari francesi ed anche italiane, un crimine a sé da evitare o da punire, ma una mera componente della violenza di guerra contro i civili, della quale oggetto erano le donne e destinatari invece erano gli uomini. Sui corpi delle donne si compirono atti di sfregio, di puro vandalismo, inferti per esibire la propria forza col solo fine di intimidire la popolazione civile nelle persone di quegli uomini che per un motivo o per un altro erano rimasti a casa e  che si mostravano restii a collaborare. Quando vennero i processi contro i crimini di guerra, sulle violenze contro la donna  «La magistratura italiana fu portata a sminuire il crimine dello stupro, comunque inserito nel quadro più ampio delle pratiche di distruzioni di massa della seconda guerra mondiale, e a spiegarlo, se non proprio a giustificarlo, come componente fatale e necessaria di ogni guerra, quando i soldati, mandati a combattere in terre lontane, a lungo privati della possibilità di relazioni amorose e in assenza di prostitute di cui usufruire per le prime esigenze maschili, erano indotti a riversare i propri istinti sulle popolazioni civili, ed in particole sul corpo della donna. (M. Ponzani, Guerra alle donne. P. 185)».

      I processi militari dell’esercito alleato contro i propri soldati a nulla valsero a prevenire o a punire simili crimini. La pianificazione dei bombardamenti terroristici perpetrati dagli anglo americani sulle città indifese, per liberarle dai tedeschi, le forme di razzismo ai danni dei soldati sconfitti, gli stupri di massa non ebbero un processo normale se non per una autoesaltazione dei vincitori.

       Il 1 ottobre 1943 l’esercito anglo-americano entra a Napoli; a Roma invece entra il 5 giugno 1944. Tra queste due date la violenza degli inseguitori, gli Alleati, formati da americani, inglesi, francesi, marocchini, algerini e da tante altre etnie che formavano i compositi eserciti alleati, e gli inseguiti, i Tedeschi, che salivano la penisola seminando morte e distruzioni, si scatena sulle popolazioni delle zone attraversate, calpestando ogni legge umana e divina.

     Nel Meridione d’Italia non si è avuta la resistenza virulenta contro i tedeschi e i fascisti della repubblica di Salò, i cosiddetti repubblichini, la liberazione dal fascismo da parte degli alleati è arrivata prima che al Nord, ma a quale prezzo e con quante sofferenze! Con questo non si vuol dire che nel Sud non vi sia stata resistenza e rivolta contro i tedeschi, i quali dopo l’armistizio accamparono pretese di conquista del Sud, ma furono spinti verso il Nord dagli alleati.

       La resistenza nel Sud ci fu, e come! Ci limitiamo solamente a citare l’insurrezione di Matera, che fu la prima contro i nazifascisti, avvenuta il 21 settembre, mentre il 27 settembre (una settimana dopo Matera) iniziarono le 4 giornate di Napoli, dove il 1 ottobre dello stesso anno 1943 entrò trionfante fra il tripudio dei napoletani l’esercito anglo-americano. Fu la liberazione dai nazifascisti, ma i napoletani impararono quanto sa di sale lo pane altrui, per dirla con Dante. Napoli era stremata dalla fame e dalle distruzioni provocate dai bombardamenti che gli stessi alleati avevano scatenato nell’inseguimento dei tedeschi, i quali, risalendo l’Italia, portavano morte, distruzioni e vessazioni sulla popolazione civile, che mai avrebbe immaginato la sofferenza cui andava incontro. L’opinione diffusa era che la guerra fosse finita, la fame fosse finita, le distruzioni fossero finite. Iniziò invece un’altra guerra: quella della donne, quella dei bombardamenti, anche qui, da noi. Potenza fu quasi distrutta!

      Dentro la grande città di Napoli, diventata un cumulo di macerie, gli alleati trovarono vecchi, bambini e donne, tante, giovani e belle donne che non avevano cosa dare da mangiare ai vecchi genitori e ai figli. Gli uomini, i giovani erano lontani, di molti non si sapeva se fossero vivi, e se vivi, dove fossero. Le donne diventarono così vittime inconsapevoli di quella massa di uomini di razza e colore diversi, che si era riversata in una città affamata e semi distrutta. I soldati che si riversavano a gruppi per le strade di Napoli, penetravano nei bassi e, di fronte a qualsiasi persona, abusavano delle donne che vi trovavano. Se da una parte si cercava di nascondere le ragazze per evitare loro la profanazione del corpo, dall’altra vi erano anche molte che spontaneamente si davano al soldato straniero che era visto come un eroe, vincitore di una guerra che i soldati italiani non avevano saputo vincere, tante si concedevano   per sopravvivere. In questo modo si diffuse a Napoli una prostituzione forzata, dovuta alle necessità della sopravvivenza. Un intero quartiero diventò il simbolo di questo stato di cose, quello che va sotto il nome di quartiero spagnolo. 

      Che senso ha la liberazione dal fascismo e dai tedeschi, si chiedevano in tanti, se la viviamo con una ulteriore forma di violenza, se siamo considerati traditori e gente inaffidabile, se le nostre  donne non sono più nostre!

    L’occupazione anglo – americana fu difficile e soffocante. I soldati stranieri, nemici prima, amici dopo, si mostrarono amici beffardi e presuntuosi, privarono sia i civili che i militari italiani della possibilità di riscattare la dignità che anni di guerra e di sconfitte avevano calpestato. Per gli alleati gli Italiani erano sempre dei fascisti da educare alla democrazia, erano inaffidabili: venivano trattati da vinti che avevano traditi i loro antichi alleati. Furono anni di difficile convivenza, dolorosa sotto molti aspetti. Terribili soprattutto per la donna, considerata oggetto di piacere. Ma un conto era vedere gli alleati impossessarsi delle proprie case, dei propri averi, vedere disonorate con la violenza le donne, altra cosa era accettare la disponibilità delle donne nei confronti degli alleati conquistatori. Le donne vittime, loro malgrado, degli alleati, furono vittime anche  di bande di cosiddetti tosatori, i quali non accettarono la disponibilità anche forzata, molte volte per una sopravvivenza per sé e per i propri figli, da parte della donna italiana. Gli uomini non accettarono che la donna italiana, anche per sopravvivenza, si desse al nuovo conquistatore, fino al giorno prima nemico, e, a modo loro, si vendicarono.  A Roma e a Napoli si formarono dei gruppi con il compito di tagliare i capelli a tutte quelle donne delle quali si sospettava una tresca con lo straniero che calpestava il suolo italiano. L’onore tradito andava punito, e fu punito con il simbolico taglio dei capelli a tutte quelle donne avevano avuto relazioni con i tedeschi prima della liberazione e con gli alleati dopo.

    La tosatura dei capelli venne anche praticata dai partigiani sulle donne che avevano militato nella repubblica di Salò, alla quale aderirono moltissimi giovani, uomini e donne, che presero le armi contro i loro concittadini, contro i partigiani. Le donne che si erano date ai tedeschi venivano chiamate dai partigiani le amanti del nemico,  e, se fatte prigioniere,  dice una testimonianza di Giovanna P. « le rapavano a zero, i loro capi venivano dipinti di rosso e così conciate venivano portate in giro per le vie della città; ricordo con molta tristezza quegli squallidi cortei». La lotta fra partigiani e repubblichini fu una lotta fratricida: non vide solamente italiani contro italiani, ma molte volte fratelli contro fratelli.      Ḗ necessario in questa sede solamente chiedersi perché tanti giovani aderirono a questa nuova forma di fascismo, entrando a far parte dell’esercito della Repubblica di Salò. Rispondiamo con quanto ha scritto un oppidano che vi fece parte (allora aveva 20 anni, oggi ne ha 90):

      «Il discorso di Graziani, concluso con l’espressione Giovani, per l’onore d’Italia, arruolatevi! mi colpì dritto nei miei sentimenti di onestà e di coerenza nei confronti della Patria che mi avevano inculcato da ragazzo a scuola. Sì, era vero, l’onore della povera Italia di quei tempi, andava salvato!» Tanti di questi giovani diedero la vita per un ideale, costoro, certo, non vanno incolpati di aver fatto parte della Repubblica di Salò.

      Gli alleati, una volta presa Napoli, continuarono la loro avanzata verso Roma e il Lazio, ove ad Anzio avvenne lo sbarco di un consistente contingente dell’esercito francese. I tedeschi che fuggivano avanti lasciavano la loro scia di sangue e di violenze sulle donne, le quali subirono quelle commesse da chi lasciava quelle terre e in seguito quelle di chi vi giungeva come liberatore. Due romanzi, La Ciociara di Alberto Moravia e La Storia di Elsa Morante (1912-19859), moglie di Alberto Moravia, descrivono le sofferenze e le umiliazioni  cui furono sottoposte le popolazioni del basso Lazio nei dintorni di Cassino. Da tutti e due i romanzi sono stati tratti dei film, tra i quali La Ciociara con Sophia Loren.  La Storia (1974) definita dalla Morante uno scandalo che dura da 10.000 anni, parte da uno stupro subito da una maestrina romana da parte di un soldato tedesco in un portone di un palazzo (Ida Ramundo, vedova, madre di un ragazzo ed ebrea, subisce violenza da un giovane soldato tedesco alla ricerca di una donna), e continua con le sofferenze di mamma e figlio in una Roma, che nonostante fosse stata dichiarata città aperta, subì il devastante bombardamento sul quartiere San Lorenzo..

      Responsabile dei crimini più efferati, che calpestarono lo ius gentium, fu il corpo di spedizione francese composto da 130.000 uomini, formato da marocchini, algerini, tunisini. Costoro, dopo lo sfondamento della linea di Cassino, con il bombardamento della famosa Abbazia e lo sfondamento da parte degli americani della  linea Gustav, ebbero dal generale francese Juin, che comandava il Corpo di spedizione francese, il diritto di preda.

 Una ragazza nel suo diario racconta:

      «La gioia che avevamo avuto con l’arrivo degli americani svanì in un soffio di vento: nemmeno i tedeschi avevano fatto quello che fecero quei soldati».

     Ad Esperia, paese che era stato sede del comando tedesco, un paese di 2500 abitanti (FR), furono stuprate 700 donne, molte di queste morirono, molte altre non hanno mai denunziato l’accaduto per pudore e vergogna. Queste violenze si estesero talvolta su bambine di 7 – 8 anni per arrivare ad anziane di 80 anni. Ma i marocchini non si limitarono solo alle donne, si accanirono anche sugli uomini, alcuni dei quali furono impalati vivi. E la gente da quei luoghi fuggiva, fuggiva, abbandonando case e tutto ciò che aveva. Il bilancio delle vittime di questa liberazione occupazione fu pesante: 800 uomini furono assassinati perché accorsi a difendere l’onore delle loro madri, delle loro mogli, delle loro figlie.  Per sfuggire a tanto disastro si fuggiva lontano in cerca di sicurezza e di che vivere. Vennero anche a Oppido, i famosi sfollati dalla zona di Cassino, che soggiornarono nel nostro paese quasi un anno.

       Uno scrittore inglese (Norman Lewis, nel libro Napoli 1944), ufficiale sul fronte di Montecassino, scrive che tutte le donne di Patrica, Isoletta, Lenola, Esperia e tanti paesi della zona, furono violentate. I Marocchini di solito, dice lo scrittore inglese, aggrediscono le donne in due, uno ha un rapporto normale, l’altro la sodomizza».

       Il 18 giugno 1944 per porre fine a queste violenze sulla popolazione civile intervenne il papa Pio XII con il Generale De Gaulle, ma allo sdegno di costui non corrisposero i fatti. L’acquiescenza degli ufficiali francesi conferma che ai marocchini era stato dato il diritto di preda e di saccheggio dal Gen. Juin. Ḗ evidente in questa circostante la discriminante etico-giudiziaria fra vincitori e vinti. Le autorità francesi non avevano dimenticato quello che l’esercito italiano aveva fatto nel 1940 intervenendo in guerra, quando già la Francia era stata occupata dalla Germania. In seguito  la ragione di stato e la politica italiana del momento furono timide nel reagire: c’era la pace da concludere e l’Italia era un paese perdente. Le autorità francesi hanno sempre negato che tutto ciò corrispondesse al vero. Il problema è stato custodito da una memoria coperta di polvere per tutta la seconda metà del 900, oggi finalmente, come tanti crimini di guerra commessi dall’una e dall’altra parte, vengono liberati dalla polvere della dimenticanza che li ha coperti.

       La guerra non portò solo violenza per la donna. Portò anche illusioni, fidanzamenti e matrimoni, spesso non voluti dai genitori della ragazza, tante volte portatori di cambiamenti di vita in bene ed in male. Molte ragazze italiane sposarono militari in modo particolare americani.

Fece parlare molto del suo fidanzamento con un  ufficiale inglese Lydia Cirillo, una ragazza di Torre Annunziata, la quale seguì per quasi due anni il suo ufficiale, del quale era diventata amante nell’illusione di diventare moglie. Quando costui la lasciò dicendole che tutte le donne italiane erano puttane, lei lo uccise con un colpo di pistola. Fu condannata, ma diventò un personaggio del nuovo cinema italiano.

      Luisa, una ragazza laureata, napoletana, appartenente alla buona società partenopea, andò sposa ad un marinaio americano forte solamente dell’essere un militare di un ricco esercito, ma di bassa condizione familiare. La ragazza napoletana seguì il marito in America dopo la guerra. Qui era considerata ignorante e arretrata, proveniente da un paese perdente e povero. La suocera, sicura che Luisa non conoscesse ancora la radio, che in Italia non si conoscesse la radio, le disse: - Ma tu hai mai ascoltato una radio? Esiste la radio  in Italia?-  Luisa indispettita, gridando, si rivolse alla suocera: - Ma tu sai chi è Marconi? –

Dopo qualche mese Luisa tornò in Italia, nella sua Napoli, a fare la professoressa.

Le città venivano bombardate indiscriminatamente: un bombardamento pesante ha subito anche Potenza. Le città diventarono un bersaglio strategico con bombardamenti operati dagli alleati: colpire i centri urbani per sfruttare il panico fra la popolazione civile. Gli Italiani non si schierarono apertamente a favore degli alleati, ma restarono schiacciati da un cupo senso di rassegnazione, senza prendere parte attiva alla propria liberazione, a redimersi dal passato fascista: nelle città erano rimaste donne e bambini. La morte che veniva  dal cielo si imprimeva con straordinario vigore soprattutto nella mente delle donne, destinate a rimanere nei centri abitati per assumere un ruolo sociale fuori dal nucleo domestico. Le donne furono segnate dall’angoscia di chi attende un ritorno che forse non ci sarà mai, dalle difficoltà di ogni giorno, dal dover badare ai figli, dal fare la fila per il pane, dalla solitudine del vivere in guerra. Per la donna contadina rimaneva solo la terra, rimanevano da trascorrere anni dolorosi, faticosi, di miseria dovendo andare avanti da sola e con il pensiero del marito lontano. Dovendo cementare il nucleo familiare distrutto dalla guerra, è lei a mobilitarsi per far fronte ai disagi materiali e alle sofferenze interiori che il conflitto porta con sé. Noi, qui a Oppido, abbiamo visto poco i riflessi dolorosi di una guerra non voluta dal popolo. A Oppido in quegl’anni il nucleo familiare era ancora solido, si è vista solo da lontano la fame, la guerra civile, la cosiddetta resistenza, la quale non è stato altro che guerra civile fra italiani, fra fascisti italiani e partigiani ugualmente italiani. L’economia contadina ha tenuto lontano da Oppido almeno la fame: il grano è stato sempre il maggior prodotto delle nostre terre.  Noi abbiamo avuto altri guai, abbiamo sopportato altre sventure, abbiamo vissuto le conseguenze di una guerra immane e disastrosa: abbiamo subito bombardamenti: questi sì. Potenza è stata bombardata dagli alleati, ed in malo modo. Oppido ha visto uno stanziamento di americani, ma le donne di Oppido non hanno sofferto quello che soffrirono le donne di altre zone, in modo particolare a Napoli e nel basso Lazio.

Ultima modifica il Venerdì, 30 Gennaio 2015 14:34
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