Venerdì, 10 Aprile 2020 20:45

Croce o vangelo? il venerdì santo di atei e credenti

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Sostare ai piedi della croce, permettendo agli occhi del cuore di fare chiarezza ascoltando il grido silenzioso dell'amore di Dio per me e per tutti i viventi.

Tanta è la capacità di immaginare e di evocare situazioni in cui ci piace essere presenti, se non protagonisti. Ci piace sognare: un futuro meraviglioso, fatto di vittorie e di successo, di pienezza di vita. Alcuni nei sogni si perdono, altri li vivono come chimere; per non parlare degli incubi.
Oggi la Chiesa ci convoca ad uscire dai nostri sogni, dalle nostre costruzioni mentali. Oggi la Chiesa ci chiede di osare l’impossibile: stare fermi a contemplare la croce, un uomo che muore in croce. Non è un sogno: è la realtà. Non dobbiamo fare niente, solo guardare, contemplare per poi tornare trasformati a consumare i nostri giorni.

Chi è Dio? L’Onnipotente, ma appeso ad una croce.
Il Dio che i religiosi affermano e che gli atei giustamente negano è lì, sulla croce. Scandalo per gli uni e beffa per gli altri.
Dove abiti? Avevano chiesto i discepoli a Gesù. Qui è la risposta: sulla croce. Una sola volta nei vangeli si parla di “teoria”; essa indica la visione, lo spettacolo, la rappresentazione della realtà. La si usa a proposito della crocifissione: è lo spettacolo offerto ai nostri occhi per farci vedere Dio.
Perché Gesù è nato? Per farci vedere Dio, ciò di cui è capace, quali i suoi desideri, cosa lo appassiona. Dio non è una idea umana ben confezionata e manipolabile come tutte le idee. Non è il prodotto della nostra mente che cerca risposte alle domande di senso che ci portiamo dentro. Dio non è un sistema, una ideologia da imporre o difendere perché altrimenti tutto crolla. I pazzi credono nelle loro fantasie; di guru è affollata la storia; di creduloni ce ne sono sempre tanti.
La croce è la teoria di Dio: l’unica visione di Dio è quel corpo sulla croce. La croce è la distanza infinita che Dio ha posto tra se stesso e tutte le nostre fantasie. E’ il crollare costante di tutte le visioni religiose.
A noi piacciono i vincenti, i potenti, coloro che si possono permettere tutto, coloro che proprio perché hanno tutto non hanno bisogno di nulla. Il Fantacalcio spiega la perversione della nostra religiosità. Dio è il nostro bomber, dicono i religiosi sfidando i non credenti: può tutto, perché è padrone e giudice ultimo.
Macchè, sulla croce non c’è né un padrone né un giudice. C’è Dio, che non ha nulla tra le mani ed emette il suo giudizio di misericordia perdonando e amando sino alla fine chi non è amabile. Sulla croce Gesù non incolpa nessuno e abbraccia tutti!
Con un simile bomber si perdono tutte le partire, si viene subito squalificati da ogni competizione.

Ma la croce non è un autogol di Dio, è un colpo micidiale, spiazzante.

Quale è la forza propria di Dio, l’essenza della sua onnipotenza? Premiare gli amici e distruggere i nemici? L’onnipotenza, la forza creatrice è la croce. Dio muore per amore, perché ama di amore infinito anche quando non è amato. Questo è il potere, la Sapienza di Dio. Non usa la forza, non invoca vendetta, non si ribella al suo essere in balia della cattiveria umana. Gesù non si salva; salva morendo umiliato in croce amando chi non è amabile. E così restituisce all’amore disinteressato e totale il primato tra i valori che inseguiamo.
Nella vita si cerca l’amore, sotto la croce c’è il dono definitivo dell’amore di Dio. E lí si capisce che il vero amore non è legato al merito, ma è dono intangibile: non ci potrà essere mai tolto. Non siamo amati perché bravi e belli; ma siamo belli perché amati! Lo possiamo rifiutare, crocifiggere: e pur sempre rimane amore. La croce di Cristo è la prova dell’amore sconfinato di Dio, che non vuole possedere o comandare ma restituire pienezza di vita ai giorni dell’uomo. La croce restituisce bellezza al volto dell’umanità smarrita.

Siamo appassionati di esorcismi: in realtà il primo e più grande esorcismo, la più grande e plateale “cacciata fuori” del diavolo, la sconfitta inflitta al tentatore è proprio quella decisione irrevocabile di amare nonostante tutto lasciandosi inchiodare in croce. Il diavolo ruba per vivere, Dio muore per dare vita. Ora tutto è chiaro. Immaginate il grido silenzioso delle schiere celesti dinanzi alla croce.... ha vinto l’amore, l’ultima parola sulla storia è di Dio!
Che non sia l’inferno il credere di poter non essere amati da Dio? È strano, ma nel Vangelo di Giovanni la tomba (vuota) è collocata in un giardino fiorito, nel paradiso: la croce diventa così l’arco di trionfo che immette nel recinto delle persone amate, salvate.

Se per secoli e tutt’ora quel venerdì ha cambiato e cambia il corso della storia è perché viene scritto un manuale di umanità che non smetteremo mai di comprendere.
Le mele marce bisogna allontanarle, si dice. E così avviene nella vita: i (presunti) buoni mantengano le distanze dai (giudicati) cattivi! Gesù comincia invece la sua avventura umana mettendosi in fila con i peccatori al Giordano per ricevere il battesimo e finisce in compagnia di due delinquenti, per dire che Dio è vicino sempre anche quanto si pensa di essere “persi”.

La giustizia per noi è la condanna per il peccatore e il premio per il giusto. Per Dio fare giustizia significa salvare. E possono essere salvati solo i perduti, coloro che non possono contare su niente e nessuno, perché hanno perso ogni speranza di vivere. Gesù è nato per finire lì, a dire la solidarietà di Dio con tutti i reietti della storia. Dio non divide: è solidale con tutti.

Quando Gesù faceva i miracoli e la gente lo acclamava, Giacomo e Giovanni si fanno raccomandare dalla mamma per prendere i primi posti, uno a destra e uno a sinistra. E ora dove sono? A desta e a sinistra i primi posti sono di due delinquenti. I rampanti vogliono poltrone e onori, ma di stare con Dio, lì dove Lui abita, non ne vogliono sapere…
Ci vuole coraggio a stare sotto la croce, perché non si può fingere di non vedere, non si può far finta di non capire.

A bene vedere nel vangelo di Giovanni ci sono 12 persone soltanto sul Golgotha. Un numero importante.
Scorgiamo 4 soldati, quelli che lo hanno inchiodato e per questo hanno diritto a spartirsi gli abiti del condannato; 4 donne, e tra queste la madre; due malfattori, il discepolo amato e il centurione. Ma dodici non erano i discepoli poche ore prima nel cenacolo? Non ci sono gli altri discepoli e tutti i beneficiati… la gratitudine, dovè andata a finire? Stiamo dietro solo a chi può esserci utile e lo ammaliamo di belle parole; quando una persona non ci può più servire o la cui presenza può essere motivo di scandalo, beh allora fuggiamo: meglio non farsi vedere! È grande il rischio di chiamare “amore” il proprio tornaconto, il proprio interesse. Spesso diventa espressione di cinismo, l’arte di sapere il prezzo di tutto e il valore di niente. Il cinico si salva sempre, chi ama si consuma per l’amato.
La paura è spesso espressione del nostro non credere nel valore di una presenza silenziosa che salva.
Se però guardiamo bene la scena ci accorgiamo che intorno all’altare della croce ci siamo tutti: i soldati rappresentano i nemici di Gesù, incarnano il potere inteso come forza, come possibilità di fare tutto ciò che pare e piace. Se ne prendono gioco: salva te stesso! Il potente è colui che salva se stesso e mette in croce gli altri. Anche a Gesù un giorno fu proposto tutto il potere di questo mondo: da Satana! E sappiamo la risposta: tienitelo! Il potente è colui che sta sopra gli altri. Gesù prima si è messo a lavare i piedi chinandosi e poi sta sulla croce. Gesù sta in alto e si offre alla contemplazione di chi osa alzare lo sguardo; non si mette sulla testa degli altri impedendone la libertà di dirigere lo sguardo.

L’uomo vero è colui che sa amare e servire, colui che è totalmente libero, che sa rinunciare a fare il male, a mettere in croce gli altri, a far fuori gli altri per il proprio tornaconto.

C’è un fotogramma di quella scena con i 12 sul Golgotha che per me è infinito nella sua bellezza: quando Gesù vede la mamma, le tre Maria e il discepolo amato. Per me quello è il vangelo. La Madonna rappresenta tutte le persone che amano, gli amanti; il discepolo rappresenta tutte le persone amate, quelle che hanno trovato l’amore; Gesù in croce è l’amore nella sua pienezza: amato perché figlio (dal Padre) e amante del Padre. Cosa sta avvenendo sul Golgota? Maria perde colui che ama, l’amato, il figlio; il discepolo perde colui che lo ama, l’amante. Gesù affidando la madre al discepolo e viceversa, affidando l’amore amante all’amore amato dice l’essenza del’amore stesso, che è la corrispondenza, la reciprocità che finalmente sono la presenza stessa di Dio, del suo Spirito sulla terra. Un amore unilaterale è soffocante: Dio d’ora in poi sarà visibile solo se due persone si amano, si accolgono, si cercano, gareggiano nell’essere uno per l’altro. E amare significa “accogliere” l’altro che è l’amore di Dio. Gesù, persino nel momento di morire, non pensa a sé, ma lascia il suo Spirito. Una qualsiasi esperienza che voglia avere il profumo dell’amore o nasce sotto l’albero della croce o non è amore.
Chi conosce i racconti della Genesi sa che ogni qualvolta il creatore fa qualcosa, alla fine “vede” e constata che è bello; quando crea la persona, il creatore esulta: “è molto bello”. Qui sul Golgota, le donne e il discepolo amato semplicemente “stanno”, non fanno niente, portano il loro desiderio di pienezza appesantito dal dolore della perdita. Gesù invece dall’alto della croce “vede”. Lui, morendo non chiude gli occhi curvato sotto il peso del dolore. Persino sulla croce “vede” il dolore degli altri, il vuoto, la sconfitta, il rischio di tornare indietro sprofondati in un senso di fallimento immenso. È emblematica la compassione di Dio in Cristo. Gesù “vede” e dona tutto ciò che ha, i suoi amori, perché possano vivere custodendo l’opera di Dio.
Madre, ecco tuo figlio/figlio ecco tua madre. E da questo momento in poi la accolse…
Dopo aver fatto questo Gesù può anche morire, perché ha finalmente restituito dignità divina all’amore umano.
Il vangelo? Il fotogramma che ha cambiato la storia e distrutto le visioni religiose? Quel corpo nudo appeso alla croce, che dice che la nostra salvezza sta più a cuore a Dio di quanto la possiamo desiderare noi.
“E Dio vide che era molto bello”!

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