Domenica, 15 Marzo 2020 08:41

Parlare di Dio al tempo del coronavirus

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Surreale. E’ la dimensione dell’animo di ognuno di noi in questa domenica e, più in generale, in questi giorni. Siamo privati di tutto pur avendo tutto. Il rispetto delle norme non è il vero problema, sappiamo adeguarci. E’ quell’assillante parolina che alberga nell’intimo di ogni persona che ci inquieta e lascia perplessi: perché tutto questo?

Strano a dirsi, ma il grido silenzioso della domanda è assordante soprattutto nel cuore dei credenti. Per i “religiosi” e per i bigotti tutto si spiega, anzi già si sapeva: prima o poi Dio sarebbe intervenuto per dare un segnale forte e inequivocabile sia di condanna del male dilagante sia per riaffermare il suo “potere” sulla storia. Abbiamo agito male e Dio punisce! E’ la logica della retribuzione che nulla ha a che fare con il Dio di Gesù! Come si spiega la morte dell’innocente? E il fatto che siano soprattutto i più deboli a soccombere pare giusto?

 

Il Dio dei credenti non è un’idea religiosa ben confezionata. Dio è il volto, la voce, il corpo di Gesù.

“Questi è il Figlio mio, l’amato, la gioia dei miei occhi: ascoltatelo!” sono le uniche parole di Dio. Non ce ne sono altre. Attribuire altro a Dio è sostituirsi a Dio.

In Gesù vien detto che Dio non se ne sta per i fatti suoi in cielo a muovere i fili della storia ben lontano - come gli dei di tutte le religioni - dalle faccende umane. Ogni anno festeggiamo il Natale proprio per ricordare che Dio adora questa umanità condividendone i giorni e le opere e che nasce bambino proprio a significare una tenerezza che interpella la nostra disponibilità ad accogliere. Dio non ha nelle mani niente e nessuno: si mette nelle mani di tutti, ha dato tutto! L’unico nemico di Gesù è il male, satana, il menzognero, il guastafeste, il divisore (il male non viene annientato, ma autorevolmente allontanato scegliendo di “stare” a far compagnia a Dio). Gesù si fa prossimo ad ogni essere piagato nel corpo e nello spirito sottolineando con i suoi comportamenti la “necessità” di stare proprio con loro nonostante il rigore delle norme religiose e il giudizio dei benpensanti. La sua libertà di amare (e basta) lo porta ad attaccar bottone con una samaritana, ad autoinvitarsi a casa di un pubblico peccatore di nome Zaccheo (che significa “puro”), a prendere le parti di una adultera, a condividere il pane con un traditore, a lavare i piedi di 12 sfacciati rampanti ( che solo dopo scopriranno cosa dovranno scalare: “lieti di essere stati oltraggiati per il nome di Gesù” si dirà di loro dopo essere stati presi a bastonate), ad accettare una ingiusta sentenza rinunciando ad ogni suo potere affidando a Dio ciò che aveva di più caro, la consapevolezza di essere “Figlio”, e chiedendo il perdono per i “fratelli” che lo avevano crocifisso.

Il Dio fatto “vedere” da Gesù è un Dio che condivide, compassionevole, prossimo, coinvolto pienamente in quelli che sono i dinamismi della storia e che nondimeno semina la sua Parola per educare alla vita bella, quella che è alla base della decisione del Creatore e che trova la sua espressione artistica nell’arcobaleno. Questo segno nel cielo, che appare quando la tempesta ha perso la sua forza, viene a ricordare al vivente, che aveva avuto paura di soccombere, che Dio ha giurato che non avrebbe mai distrutto l’opera delle sue mani.

Ebbene, il credente si interroga: perché tutto questo? Perché le disgrazie? Perché il Dio-con-noi ci lascia soli?

Sappiamo che in tanti hanno dato spazio a queste domande. Giacomo Leopardi con i suoi dialoghi lo conosciamo, così come Manzoni con la sua Provvidenza. Il lettore di Dante si consola gustando la sapienza della Comedia. Ma il credente (attenzione, siamo di fronte a un participio presente!) è tribolato: se ne fa interprete Davide Maria Turoldo:

Allora diremo:
pure Cristo
ci ha ingannati?

Sarà il nome più bestemmiato
il tuo dolcissimo nome,
o Cristo di Dio.

O forse non ci sarà
neppure tempo
per essere delusi,
e odiarci,
e maledire...

(da “O SENSI MIEI… POESIE 1948-1988” – pag. 531)

Sì, questo è un tempo di prova. Siamo interpellati non a giustificare le nostre pratiche o a difendere le nostre conquiste e neanche il nostro diritto al silenzio.

A scuola, ai giovani spiegavo che parlare di “prova dell’amore” significa dire a chiare lettere di non credere nell’amore. Si assaggia un melone, si prova una macchina, si prova un vestito: tutte cose che se “provate” non potranno mai più essere come prima. L’amore non si può provare, si può soltanto credere. E l’amore è il compimento del desiderio più profondo che ci portiamo dentro: quello di stare dinanzi ad una presenza che restituisce alla propria bellezza, alla gioiosa voglia di vivere.

La prova suprema è stare fermi, accettare di cessare da ogni fare e credere in una invisibile presenza che salva.

I religiosi anche in questo tempo si affannano, se non altro per tener vivo il loro “sistema”; i credenti vivono, abitano la prova facendo compagnia a Dio. La preghiera del religioso chiede cose, la preghiera del credente chiede la presenza alla pari della più genuina dinamica di amore; l’amato infatti questo solo chiede all’amata: “Stai con me!”

Ugo Foscolo, nel momento più buio della sua esistenza, decide di ritirarsi a Venezia e con sé, tra i pochi libri, porta la Bibbia preso dal “furor di Bibbia”.

Mi piace pensare ad un “ritorno” alla Bibbia in questo tempo di prova per riscoprire le coordinate della nostra esistenza e restituire allo spirito la forza e il coraggio di credere nel Dio di Gesù.

Ci si potrebbe fermare sui salmi “imprecatori” o sull’esperienza di Giobbe (uno straniero che si rivela amante del Dio della vita a differenza dei suoi amici religiosi). Propongo invece di soffermarci sul testo di Deuteronomio 8 commentato da p. Bovati.

https://www.parrocchiaoppidolucano.it/cms/web/index.php?option=com_k2&view=item&id=345:non-dimenticare-il-deserto&Itemid=406

Forse a molti sfugge il fatto che se abbiamo la Bibbia è a causa di una tragedia. Sì, l’esilio, una tragedia ha generato la Torah, il pentateuco.

Accade che la deportazione in terra di Babilonia, la grande catastrofe, in realtà diventa una semina straordinaria con un frutto straordinario. Quelli che son stati deportati erano soprattutto giovani, forze lavoro, soprattutto intellettuali e scribi: quelli che custodivano la sapienza di Israele.

Ebbene costoro hanno dovuto in quella terra, dove c’era un’altra lingua, un’altra cultura, salvaguardare se stessi. E allora hanno cercato di metterle per iscritto tutte le tradizioni che avevano; hanno cercato di mettere insieme il grande materiale che poteva dare identità a Israele, che poteva dire qual’era il rapporto tra Dio e il suo popolo e hanno confezionato, redatto quella che noi chiamiamo la torah, il pentateuco. Noi dobbiamo all’esilio la nascita della Bibbia! Viviamo una situazione di indubbia sofferenza. E se nascesse un io più secondo il cuore di Dio?

Concludo con una pagina nota a tanti di noi, e che fa bene rileggere:

Questa notte ho fatto un sogno,

ho sognato che ho camminato sulla sabbia accompagnato dal Signore

e sullo schermo della notte erano proiettati tutti i giorni della mia vita.


Ho guardato indietro

e ho visto che ad ogni giorno della mia vita proiettato nel film

apparivano orme sulla sabbia: una mia e una del Signore.


Così sono andato avanti, finché, tutti i miei giorni si esaurirono.

Allora mi fermai guardando indietro, notando che in certi posti c’era solo un’orma.


Questi posti coincidevano con i giorni più difficili della mia vita: i giorni di maggiore angustia, di maggiore paura e di maggiore dolore.


Ho domandato allora:

Signore, Tu avevi detto che saresti stato con me in tutti i giorni della mia vita, ed io ho accettato di vivere con Te,

ma perché, mi hai lasciato solo proprio nei momenti peggiori della mia vita?

 

Ed il Signore mi ha risposto: Figlio mio, io ti amo e ti dissi che sarei stato con te durante tutta la camminata

e che non ti avrei lasciato solo neppure per un attimo, ebbene non ti ho lasciato.


I giorni in cui tu hai visto solo un’orma sulla sabbia, era perché proprio allora, ti stavo portando sulle mie braccia

Anonimo brasiliano

Ultima modifica il Lunedì, 23 Marzo 2020 09:41
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