Mercoledì, 06 Marzo 2019 06:43

Insieme verso la Pasqua

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Lettera alle giovani famiglie all'inizio della quaresima

Parrocchia ss Pietro e Paolo

Oppido Lucano

Il parroco

Carissimi amici, come va l’avventura matrimoniale? Immagino straordinariamente bene, meglio di come l’avete sognata fino a poco meno di un anno fa.

Spero di non abusare della vostra benevolenza con la mia gratuita irruzione nelle vostre cose/caselle di posta elettronica.

So di rubarvi del tempo. Se avete fretta o ci sono altri impegni, lasciate stare: ritornate su queste righe solo se comodamente tranquilli e disposti a una lettura lenta…

Mi basta sapere che vi è giunto il mio saluto augurale.

Il fatto è che, avendo da poco vissuto il dono del sacramento del matrimonio, mi piace pensare alla novità apportata dal nuovo stato di vita nella vostra crescita spirituale oltre che umana.

Tante dinamiche sono cambiate. La vita in comune ha riservato molte piacevoli sorprese e nello stesso tempo ha messo alla prova la vostra disponibilità a modificare stili che pensavate acquisiti definitivamente . State sperimentando come è bello coltivare l’arte dell’ottimismo e dell’entusiasmo per affrontare insieme i giorni. È un dono che vi restituisce “grandi” e nello stesso tempo responsabili sommamente della felicità e del ben-essere del vostro partner.

Non solo. La vostra casa con discrezione è sorvegliata speciale. Da chi? Da tutti quelli che vi vogliono un sacco di bene. I vostri volti, i vostri corpi parlano ai vostri genitori, ai vostri amici pronti a cogliere ogni piccolo segnale per interrogarsi sul da fare. Siete preziosi, importanti: la gioia di tanti dipende dalla vostra serenità. Avete in mente i bambini quando muovono i primi passi sotto gli occhi insieme ansiosi e soddisfatti dei genitori? Bene, così è per voi.

La gioia e la fatica di vivere insieme ha comportato anche la scoperta della bellezza della vita interiore dell’altro. Siamo meravigliosi non solo per la sensibilità che ci contraddistingue, per l’intelligenza che ci sorregge ma soprattutto per l’interiorità che costituisce il segreto della nostra forza. Avete scoperto tante dimensioni dell’altro, ma di una in particolare ne siete contenti oltremodo: la certezza che ha un mondo interiore abitato da valori che lo rendono veramente straordinario. L’essenziale è invisibile agli occhi, non si vede bene se non con il cuore. Ricordate il piccolo principe?

Sì, il segreto per riuscire è avere un cuore abitato e ospitale. Abitato dal buon Dio e desideroso di compagnia.

Ebbene, proprio su questo aspetto vorrei richiamare la vostra attenzione.

La chiesa da sempre sa che essa stessa è secondo il cuore di Cristo quando sa essere madre e maestra per i suoi figli. Ogni anno ripete, ripropone la contemplazione del mistero di Dio rivelato nel corpo di Gesù per sostenere la crescita, risollevare dalle cadute e rafforzare il desiderio della piena configurazione a Gesù, unico punto di riferimento per tutte le persone che fanno dell’amore lo spartito della loro esistenza.

Avete vissuto per la prima volta il Natale insieme. A tratti persino strano. Abituati allo stile delle vostre case di origine avete dovuto fare i conti con spazi di silenzio a volte assordanti. A salvare spesso sono stati gli inviti di parenti e conoscenti... però: avete toccato con mano di quanta cura ha bisogno il cuore del vivente. C’è un insopprimibile bisogno di Dio dentro che chiede di essere aiutato a diventare storia. Scommetto che avete già deciso silenziosamente come affrontare il prossimo Natale? Lo immaginate, lo sognate già con tutti i segni che quest’anno vi siete lasciati sfuggire. Cambierà qualcosa se Dio lo vorrà, ma il prossimo Natale sarà ancora più bello perché metterete in atto tutto quello che avete capito essere necessario per rendere veramente unico il tempo che ci viene donato.

Ora vi accingete a vivere il carnevale. E dovete fare i conti con le abitudini, soprattutto mangerecce, che le vostre suocere hanno trasmesso ai loro figli a mo’ di parola di Dio! Dio c’è, e non sono le suocere: tranquilli. Ascoltare, condividere, apprezzare: senza assolutizzare. C’è del buono in tutte le tradizioni.

Ma fra qualche giorno comincia la quaresima. Scherzando nell’ultimo anno di fidanzamento avete forse condiviso lo sforzo per portare a termine un proposito fermo restando lo sguardo sul giorno di Pasqua e sullo scadenzario in vista del matrimonio...

Sapete dal catechismo che per la chiesa questo è il periodo più importante di tutto l’anno. Al centro c’è la Pasqua. 50 giorni prima: quaresima e settimana santa. 50 giorni dopo, fino alla Pentecoste. In tutto 100 giorni.

Per la prima volta da vivere insieme, come marito e moglie. Lo so. Davanti al buon Dio si è soli, in serena intimità. Mi piace però considerare seriamente anche il gesto del prendere per mano, del camminare insieme, del sostenersi. Soli con Dio per una solidarietà appassionata, non violenta, delicata, rispettosa. Non si giudica il cammino spirituale dell’altro. Bisogna credere e saper ascoltare il bisogno di Dio che è nel cuore dell’altro proponendo con una testimonianza contagiosa quanto può essere di stimolo per dare vigore al cammino dell’anima.

Ciò che è bene va creduto e proposto. Non ritengo valida la tentazione di cedere alla logica del “ non urtare la suscettibilità del coniuge”. Su quanto è non essenziale, questo discorso mi sembra condivisibile. Ma Dio è optional? Allora hanno ragione quelli che dicono che ci si sposa in chiesa giusto per...?

No. Non sia il vostro caso. Siate veri. Testimoniate il primato di Dio prima di tutto nella vostra vita relazionale: siete di Dio e chiamati a vivere da figli di Dio rivelando nei movimenti del vostro corpo lo stile di Colui che vi ha “creati” a sua immagine e somiglianza.

La preparazione alla Pasqua comincia con il mercoledì delle ceneri. Un giorno che é come il portale di una cattedrale: anticipa tutto il senso dell’edificio e chiede solo di osare l’ingresso nel tempio/tempo sacro.

Se la quaresima è questo grande corso di esercizi spirituali ritmato dalle 5 domeniche che richiamano l’attenzione sui movimenti del corpo di Gesù al fine di imparare da Lui come si sta in mezzo agli altri sulla faccia della terra, il mercoledì delle ceneri ne anticipa il significato ultimo e offre l’equipaggiamento per rendere agevole il cammino.

La liturgia delle ceneri, in chiesa alle ore 18, evoca tutto il bisogno di aiuto che ci portiamo dentro per operare la decisione di abbandonarci a Dio. Me lo insegnate, ormai. L’amore chiede di essere creduto. Abbandonarsi all’Amore è insieme un atto di fede nell’altro da sè e l’unico momento di vera libertà.

Inoltre, la polvere di terra, con la quale è stata creata l’umanità, secondo un midrash -racconto ebraico-, è stata presa presa da sotto l’altare dell’espiazione, quello sopra il quale si offrivano i sacrifici per implorare il perdono dei peccati. Il tutto a significare che ogni persona si porta dentro il bisogno di essere perdonato e il dovere di perdonare. È possibile che la “storia” vada avanti solo se ci sono protagonisti veri: soggetti capaci di accogliere il perdono e di accordare perdono.

Quante cose avete fatto insieme in questo primo anno di matrimonio! Nel giorno del vostro matrimonio tra l’altro in chiesa avete scambiato il segno di pace e avete fatto la comunione insieme. Teneteci a vivere insieme davanti a Dio e nella comunità cristiana momenti particolarmente significativi.

Certamente conoscete maggiormente il mercoledì delle ceneri per il “digiuno e astinenza”. E molte volte ci avete anche scherzato...

Nella tradizione biblica sono atteggiamenti esteriori che svelano gioiosamente le profonde convinzioni interiori.

Ciò che mi fa vivere, ciò che mi fa crescere non è essenzialmente quanto il lavoro dell’uomo mi procura, ma il dono di una Parola che mi restituisce coraggioso e forte. Abbiamo bisogno che qualcuno ci parli per poterci esprimere, abbiamo bisogno di uno sguardo per sapere di esistere, abbiamo bisogno di un sorriso e di una mano per rialzarci dalle nostre cadute. Cosa mi fa vivere? Il dono, la grazia: il sapere che io posso dimenticarmi di Dio, ma Dio non si dimentica mai di me. Nè quando pecco, nè quando morirò.

Come dire che Dio è la mia unica, vera salvezza? Rinunciando a quanto rischia di prendere il posto di Dio, facendomi credere che si vive mangiando! E mangiare significa distruggere, fagocitare l’altro: il contrario di chi ama, che vuole farsi nutrimento, a pezzi per l’altro.

Mercoledì e venerdì santo: digiunare, per dire che si riconosce di essere vivi perché amati e che si ama la vita solo se si è capaci di donarla per amore.

L’astinenza da quanto mi dà gioia e piacere è anch’essa una modalità per ridire il posto che ha Dio nella mia esistenza concreta.

Che forza che avete! Siete riusciti a leggere fin qui! Mi sa tanto che mi devo far perdonare... sono pronto a pagare pegno. Ma nel tempo di Pasqua! Decidete voi... non dimenticate che bisogna festeggiare (!!!) l’anniversario...intanto spero che i nostri sguardi si incrocino non solo lungo le strade della quotidianità per un saluto ma anche in qualche celebrazione comunitaria. Non dimenticate che la chiesa è fatta di famiglie. Di famiglie contente di aiutare Dio a farsi vedere nella storia degli uomini testimoniando il primato dell’amore appreso alla scuola dell’unico “mastro”, Gesù Cristo!

Un abbraccio bello

mimì

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