Mercoledì, 24 Agosto 2016 20:00

Era solo un povero vecchio

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E’ la testimonianza toccante e commovente del giornalista Renzo Allegri, inviato a San Giovanni Rotondo da un noto settimanale, nel lontano 1967, un anno prima della morte di Padre Pio.

Quando lo incontrai la prima volta, nel settembre 1967, il padre aveva ottant’ anni.

Ero andato da lui mandato dal giornale per scrivere degli articoli e per scattare delle foto. Non ero carico di entusiasmo.

Il padre guardiano, al quale mi ero rivolto per poter avvicinare Padre Pio, mi suggerì di salire al primo piano del convento. Salii e attesi.

L’ambiente era suggestivo, silenzioso e raccolto. Finalmente, lontano, in fondo al corridoio, vidi la figura di un frate. Era P. Pio. Era solo. Procedeva tenendo la mano destra appoggiata al muro. Faceva sei sette passi, poi si fermava per riprendere fiato. Quel suo procedere non era il camminare normale. Era una specie di saltellìo, un avanzare a piccoli balzi. Era una cosa strana. Guardavo incuriosito e mi chiedevo il perché di quel saltellare, poi mi vennero alla mente le piaghe dei suoi piedi.

Da quasi cinquant’anni il Padre aveva le stigmate. I suoi piedi erano perforati da parte a parte. Piaghe vere, fori autentici, controllati dai medici.

Camminare, facendo forza con tutto il peso del corpo su quelle piaghe vive e aperte, doveva veramente essere un tormento inaudito. Realizzai la cosa solo in quel momento e pensai che forse saltellava in quella maniera da cinquant’anni, provando le sofferenze acute che io vedevo in lui in quell’istante.

La macchina fotografica mi cadde dalle mani, non mi interessava più fotografare.

Ero frastornato, annientato da quello che vedevo.

Il Padre intanto aveva ripreso a muoversi e con un altro sforzo grandissimo aveva fatto altri salti, avvicinandosi. Non si era accorto della mia presenza.

Era concentrato in ciò che faceva. Il suo respiro era affannoso. Il corpo curvo.

La tosse gli sconquassava il petto. Quando decise di fare un altro pezzetto di corridoio, vidi il suo viso contrarsi in una smorfia orribile. La mascella dura, i denti stretti, la mano che faceva pressione sul muro e via, saltellando, ma solo per qualche metro perché gli era impossibile continuare. Adesso era lì, vicino a me. Guardai

i suoi piedi, erano grossi, pesanti, gonfi, coperti da calze rozze e infilati in pesanti sandali deformati. Dopo aver calmato il respiro affannoso, il Padre mi guardò. Ora il suo viso era davanti al mio. Era un viso tirato, teso, con le pieghe intorno alla bocca assai marcate. Non era il viso illuminato di un taumaturgo, di un asceta carismatico, come lo avevo immaginato; era il viso di un vecchio distrutto dalla sofferenza, allo stremo delle forze, che mi guardava smarrito, quasi a chiedere aiuto, pietà. Sentii un profondo senso di colpa. Mi vergognavo di essere lì a curiosare. Mi avvicinai, gli baciai la mano e gli offrii il mio appoggio per aiutarlo a raggiungere la porta della sua cella. Scambiai con lui poche parole, ma credo che quello sia stato il discorso più lungo da me fatto con una persona, perchè quel dialogo non si è mai più interrotto.

Fu quell’incontro che mi fece capire chi era il vero P. Pio: un cumulo di sofferenze.

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