Mercoledì, 09 Dicembre 2015 09:49

Storia degli anni santi

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Riportiamo un articolo di Franco Cardini apparso su Vaticaninsider.it

 

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Giubileo: una parola d’origine ebraica, passata attraverso il latino, che originariamente richiama al festoso suono dei corni rituali che annunziava la festa.  
Secondo la Torah dell’Antico Testamento (Levitico, 19.1.35-19.3.25), ogni cinquant’anni – vale a dire ogni sette settimane composte di sette anni ciascuna – giunge un Grande Shabbat di pace, di riposo e di rinnovamento: il cinquantesimo anno, “l’Anno di Grazia del Signore”, detto appunto “Anno Sabbatico”. Nel corso di esso, i contratti e i debiti vengono aboliti, la terra non viene coltivata e Israele torna, in atto di penitenza e di riconciliazione con Dio, alla sua condizione primitiva di popolo senza casa, senza terra, senza proprietà. La condizione dell’erranza, quella di Adamo e dei suoi figli dopo il Peccato Originale e che per il Popolo Eletto da Dio è anzitutto viaggio attraverso un territorio straniero, verso la Casa del Padre. Durante il medioevo, era “giubileo” il pellegrinaggio in quanto atto penitenziale che comportava l’indulgenza, cioè il perdono dei peccati. “Giubileo” era uno dei nomi abituali che si dava a quel particolare pellegrinaggio penitenziale, che in deroga alle norme canoniche e in considerazione di uno stato di necessità di poteva compiere anche portando le armi, e che assunse vari nomi – peregrinatio, iter Jerosolimitanum, iter ultramarinum, succursus, passagium – prima di trovare, a partire dal Duecento, e sulle prime in modo incerto e sporadico, quel nome che doveva contraddistinguerlo nei secoli: crociata.  
 
Il giubileo del 1300, cioè l’indulgenza plenaria accordata a tutti coloro che riconciliati con la Chiesa visitassero da pellegrini la città di Roma, fu un punto di partenza per una plurisecolare vicenda ancora in corso, quella degli Anni Santi; ma al tempo stesso il punto d’arrivo d’un processo e di una tradizione che erano antiche ormai di tredici secoli, per quanto scarse e disperse possano esserne le primissime testimonianze documentarie.
 
Bonifacio VIII (Benedetto Caetani) prese atto che Gerusalemme e tutta la Terrasanta erano ormai saldamente nelle mani degli infedeli: la crociata era ormai nella pratica improponibile e il pellegrinaggio giubilare romano si proponeva quale piena sostituzione di quello gerosolimitano. La volontà pontificia fu tradotta in termini concettualmente chiari da un trattato redatto proprio nel 1300 dal cardinale Jacopo Stefaneschi, il De centesimo seu iubilaeo anno.  
Con il Giubileo, Roma venne a definitivamente occupare quel posto centrale nell’immaginario e nel sistema giuridico e sacrale della Chiesa latina che fino ad allora era spettato a Gerusalemme.  
 
L’innovazione bonifaciana s’inserì nel clima di attese apocalittiche caratteristico della fine del XIII secolo e dell’inizio del nuovo. Il 17 gennaio del 1300 il pontefice presenziò difatti a una grande processione in onore della Veronica, che venne poi rinnovata ogni settimana per tutto quell’anno. Ma era stato in qualche modo il popolo romano, insieme con i pellegrini, a render necessaria e quasi obbligatoria questa innovazione dell’indulgenza plenaria concessa a chi si fosse recato a Roma in un anno così ricco e denso di attese, di paure ma anche di speranze. Ormai da tempo si moltiplicavano i penitenti e i flagellanti, in un clima di straordinaria tensione spirituale. Il Giubileo nacque dal convergere di una drammatica situazione storica segnata dalla crisi dell’idea di crociata nonché da una forte e profonda religiosità popolare indirizzata alle pratiche del pellegrinaggio e del culto delle reliquie e caratterizzata da una spasmodica attesa dei Tempi Ultimi e del Regno di Dio. Fu quella, per gli europei, anche una “riscoperta” di Roma.  
 
Con l’anno 1300, con questo ritorno alla centralità di Roma, si apriva infatti un nuovo periodo culturale ed artistico nel quale tradizione latina e spiritualità cristiana avrebbero rafforzato i loro antichi legami e li avrebbero investiti di nuovi significati. In questo senso, il Giubileo è uno degli atti di fondazione della nuova cultura umanistica, che a sua volta avrebbe aperto le porte alla straordinaria civiltà del Rinascimento.
 
Tuttavia, gli anni immediatamente successivi a quell’evento furono particolarmente difficili. Il lungo periodo della “cattività babilonese” della Chiesa in Avignone, quindi l’età del “grande” e del “piccolo scisma”, furono tra XIV e XV secolo segnati da guerre, pestilenze e carestie. Solo a partire dalla metà del XV secolo gli “Anni Santi” presero a susseguirsi con regolarità, e nel 1470 papa Paolo II stabilì che essi si sarebbero da allora in poi ripetuti ogni quarto di secolo in maniera da consentire a tutte le generazioni di godere almeno una volta dell’indulgenza.
 
Oltre ai giubilei ordinari, alcuni papi ne indissero di straordinari per motivi speciali: ad esempio Pio IX, in un momento di grande tensione in Europa, ne dedicò uno nel 1933 alla morte e la resurrezione del Salvatore. In tale occasione il pontefice, in un certo senso completando il disegno culturale messo in atto con la conciliazione del ’29, dispose che in Roma si riprendessero el celebrazioni solenni della Settimana Santa ch’erano state sospese dopo il 1870. Giovanni Paolo II, papa dal 1978, inaugurò nel 1983 il giubileo straordinario dedicato al 1950° anniversario della morte e della resurrezione del Cristo. Per il giubileo del 2000 visitarono Roma oltre 20 milioni di pellegrini, forse 25: per evitare un afflusso di fedeli insostenibile per Roma decretò che il visitare le basiliche romane non sarebbe stato necessario per lucrare l’indulgenza plenaria giubilare, conseguibile anche attraverso pratiche di carità e di pietà considerate equipollenti.
Papa Francesco ha seguito le indicazioni di Giovanni Paolo II per evitare a Roma soverchi problemi di gestione. Il giubileo dell’anno in corso si concluderà il 20 novembre 2016. 

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