A Chiara, nel giorno della prima comunione, e a Marco che ricorda quel giorno.

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Lettera aperta a Chiara, nel giorno della sua prima comunione
(e ai grandi, quando erano ragazzi...)

Ciao... Chiara! so che in questi giorni sei particolarmente ansiosa: domenica, la prima comunione!!!!

Intorno a te fervono i preparativi e....  vedi che le preoccupazioni dei tuoi cari sono, in fondo, un segno dell’amore che nutrono per te. In questa settimana avverti una cosa strana e difficile a dirsi: sei diventata il centro della casa! Beh, veramente lo sei sempre stata. Per papà e mamma sei tutto, anche se ti vedono grande e non ti riservano tutte quelle forme di tenerezza che riempivano la tua vita fino a qualche anno fa. Si, prima ti abbracciavano e baciavano a più non posso; ora sembrano più sobri nei gesti di affetto. Bene, sorprendeteli e ogni qual volta torni a casa o li vedi seduti sul divano pensierosi, non chiedete “che c’è?” ma regala loro un abbraccio e un bacio di quelli a lentissimo rilascio, di quei baci che fanno tanto bene al cuore. Io sono sicuro che in tutta la nostra vita non riusciremo mai a restituire al mondo tutti i baci e gli abbracci che abbiamo ricevuto: scommettiamo?

Ma veniamo a noi. Ti scrivo per dirvi che anch’io sono contento ed emozionato come te. Attendi qualcosa di bello. Hai visto i tuoi genitori fare la comunione e vedi i “grandi” ogni domenica avvicinarsi all’altare; hai visto il sacerdote consacrare e poi mangiare l’ostia e bere al calice. Dapprima ti sei incuriosita e hai pensato di spegnere il desiderio chiedendo in sagrestia un’ostia dopo la messa... Che bei ricordi!
Col tempo il desiderio è cresciuto, non sparito. Hai chiesto spiegazioni ai genitori, poi, al catechismo, sei stata aiutati ( e non è stato facile....) ora è finalmente giunto il momento di mettersi in fila come tutti e con tutti gli altri e attendere il momento in cui partecipare in pienezza alla vita cristiana: Gesù morto e risorto entra nel tuo corpo. E’ il contatto più bello e più vero che ci possa essere: equipaggiarsi della vitalità, della forza di Cristo per affrontare tutte le situazioni della vita.

Io non conosco le parole giuste per spiegarti le cose. Capirai meglio il tutto guardandoti intorno, riflettendo su quanto avviene. Ci saranno momenti in cui come un lampo arriverai a sfiorare la verità delle cose. Ma, soprattutto, sono certo che sarà il buon Dio a farsi capire. Lui ha modi e tempi certi e sorprendenti. A te tocca solo saper aspettare e conservare quella umiltà che è propria delle persone sagge. Sai, “umile” significa soffice, morbido, permeabile. Come il terreno buono, che sa accogliere il seme, custodirlo e farlo diventare pianta rigogliosa e possente. Il contrario è essere chiusi, impermeabili, duri: incapaci di accogliere.
E tu devi (!) sempre conservare l’umiltà se vuoi comprendere e diventare veramente grande davanti a Dio.

Voglio provare a riferirti alcuni pensieri. Il tuo volto in fondo, oltre a dire gioia e simpatia, implora anche spiegazioni. Fino a qualche anno fa chiedevi sempre “perché?” Ora non ne hai più la forza, forse  a causa dei nostri tanti silenzi. Però sii sempre capace di custodire lo stupore e la meraviglia e anche lo sconcerto di fronte a tutto quello che ti capita e non vergognarti di saperti abitata da tanti “perché”. Un santo diceva che solo un cuore inquieto può raggiungere Dio! Mi piace pensarti sempre capaci di importunare con le tue domande sia i “grandi” sia il buon Dio.

Ti sei stancata di leggere? Va bene, cercherò di essere breve. Assomigli tanto ai miei chierichetti di un tempo. Bravi e disponibili, ma sempre a rimproverarmi perché l’omelia durava troppo… otto minuti….

Domenica sarai per la prima volta commensale di Dio. Non messa ad un tavolo a parte, ma commensale. Per il buon Dio sei il suo vanto, la sua gioia.
Si fa sedere alla propria tavola chi è gradito, chi può partecipare al cibo e alla discussione.  Hai sicuramente notato che i “grandi” fin’ora ti hanno preparato un tavolo a parte e ti hanno allontanato per non farti sentire certi discorsi. Dio è il primo a dirti: sei meravigliosa, sei grande, mettiti a mensa con me, ho delle cose da dire proprio a te!
Certi grandi a tavola parlano di affari, si vantano dei loro successi, amano farsi vedere ricchi, potenti, fanno sfoggio di sapere tutto e di essere veri esperti di conquiste e poi si vantano di essere eccezionali amatori: sono desiderati e sanno raggiungere i loro obiettivi, sanno conquistare le loro prede!
E’ vero, purtroppo. In tanti cercano persone, incontrano gli altri, si mostrano disponibili, si fanno vedere, attirano l’attenzione, offrono anche da bere o da mangiare con tanta gentilezza: ma solo perché hanno un motivo per fare questo, c’è un tornaconto, un interesse sempre ben mascherato sotto la parvenza di servizio o di  premura.
In realtà vogliono crescere, diventare potenti, ricchi: pensano a se stessi e non esitano a strumentalizzare, a usare gli altri. Ti ricordi del povero Pinocchio? Quanti “gatti e volpi” vanno in giro indisturbati a cercare di continuare a non lavorare mangiando non solo alle spalle degli altri ma anche negando agli altri la possibilità di sognarsi un futuro più bello!

Se un giorno saremo insieme a Roma, ti porterò nel refettorio dove per otto bellissimi anni ho pranzato. Vi è un grande disegno sulla parete: Gesù che divide il pane; e una frase in latino sulla porta : quisquis amat dictis absentuum rodere famam, hanc mensam indignam noverit esse sibi; il significato? certo: chi ama saziarsi approfittando o sparlando degli altri, è meglio che vada via! Che tristezza banalizzare la tavola, il mangiare insieme. Tanti a tavola giudicano, parlano e sparlano, combinano affari, ordiscono trame, cercano di conquistare  il corpo o il portafogli dell’altro o nel migliore dei casi vogliono rubare un segreto o tentano di portare a ragionare come loro. Il pranzo spesso è un lavorarsi l’altro, un mangiarsi l’altro....

Dio no, poveretto! Anzi, meno male! Lui a tavola è più emozionato degli ospiti. Vorrebbe gridare ad ognuno che è proprio contento. Sì, Dio è contento di avere proprio te a mensa con Lui! E non solo perché sei seduta a tavola con lui. Ma soprattutto perché sei meravigliosa! Dio guarda, ti guarda, vede il tuo cuore e si emoziona: proprio come quando noi ci incantiamo di fronte a un fiore! Per Dio siamo un capolavoro di bellezza. Il nostro cuore, il nostro animo dice più di quanto noi riusciamo a manifestare e di quanto gli altri hanno compreso di noi! Solo Dio ci conosce veri veri e si emoziona alla vista dello splendore del cuore.

E’ bello scoprire qualcosa di Dio a partire dalla prima comunione e capire come si vive, come si dà senso ai nostri giorni. Lui lavora sempre, non si ferma mai. Si scervella a tenere in giusta considerazione i gusti di ognuna delle sue creature, perché per lui siamo tutti diversi e la diversità è ciò che rende bello il creato e nessuno ha il diritto di  umiliare o cercare di uniformare o di stabilire graduatorie. Per Dio siamo unici e quindi preziosi, insostituibili. A ognuno di noi è assegnato un posto che, se non occupato proprio da noi, resterebbe vuoto! Si, hai inteso bene! Dio ci assegna un posto e poi .... Comincia a credere in ognuno di noi: nella nostra bontà, anche quando siamo di fronte ai dispetti appena fatti; nella nostra bellezza, anche quando ci  consideriamo inadeguati; nella nostra passione per la verità , anche quando barcolliamo e non sappiamo più dove andare.

Che strano padrone di casa è il nostro Dio. Che padre! Ha il cuore abitato da sogni, da desideri che poi in fondo non sono altro che vedere le persone capaci di stare insieme e godersi la vita, custodendo il creato e prendendosi cura gli uni degli altri. Se ci riflettiamo un po’ ci vengono le vertigini! Noi ci sentiamo importanti anche solo se ci vien chiesto di “guardare” una cosa che vale tanto, pur sapendo che il legittimo proprietario se la godrà; il buon Dio invece mette nelle nostre mani tutto il mondo con tutte le sue ricchezze e la sua straordinaria bellezza, ci ha dato un corpo che racchiude tesori di intelligenza e di virtù inimmaginabili, ci mette quotidianamente in relazione con persone che sono spettacolari e senza le quali non sapremmo vivere.

Sì, pensare a Dio fa venire le vertigini. E noi non possiamo fare a meno di provare l’ebrezza del pensare a Dio e di vivere sempre quell’equilibrio precario proprio di chi osa sedersi a mensa con il buon Dio e sprofondare in pensieri che fanno venire i brividi.
Stare a mensa con Dio significa scontrarsi con un cuore vero, che non può mascherare tranelli o interessi, che non conosce ambiguità o secondi fini. Stare a mensa con Dio significa sedersi con chi ha lavorato per prepare la mensa e mette in tavola tutto perché è fiero di averci commensali. Ecco la vertigine, i brividi! Davanti a Dio non in piedi, sull’attenti, con le gocce di sudore freddo che solcano il corpo, a balbettare monosillabi e con gli occhi ormai persi in un vuoto sconcertante: ma commensali! La creatura, ognuno di noi, è chiamato a sedersi a tavola con Dio! E’ l’eucaristia la fonte per comprendere la dignità di ogni persona. Non so se riusciremo a dire quanto viviamo: il mistero non può rientrare nelle nostre povere parole. So solo che abbiamo la possibilità di profumare di mistero, di dire il mistero vissuto con la nostra condotta, di vivere portando sempre nel cuore la consapevolezza di essere commensali di Dio!
D’ora in poi Chiara, se qualcuno ti dicesse: tu non sai chi sono io! Oppure si vantasse di chissà cosa o di essere stato con chissà chi, tu rispondi serenamente e con fierezza: “io sono familiare con Dio e  posso importunarlo tutte le volte che voglio… e Dio sarebbe contentissimo se anche voi scopriste il suo vero volto!”

Quante cose vorrei ancora dirti. Mi fermo. Lasciami solo farti gli auguri.
Sii sempre felice, custodisci gelosamente la forza del tuo sorriso, non dimenticate che il posto davanti a Dio è per sempre e grida al mondo intero che solo i gesti d’amore rendono meravigliosa l’avventura di ogni persona. E i gesti di amore sono quelli che salvano l’anima di chi li compie e toccano il cuore di chi li riceve.
Buona domenica a te, Chiara!
mimì

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