Sabato, 04 Aprile 2015 12:49

Narrare con la vita il sogno di Dio, che non viene meno alle sue promesse.

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Omelia in occasione della veglia pasquale, 4 aprile 2015

Sono tante le veglie del mondo e tutte accomunate dalla spasmodica attesa di qualcuno o qualcosa che cambierà il domani o dall'esigenza di custodire qualcosa che è di vitale importanza

La chiesa ci ha fatto vegliare, ci ha chiesto di abitare le tenebre, di stare svegli perché ha bisogno di ricordare a ognuno di noi una sola cosa: alziamo lo sguardo, Cristo è stato risuscitato, è tornato vivo dalla morte! siamo degli immortali e in quanto tali dobbiamo camminare i nostri giorni. Con la risurrezione nel cuore.

L'esperienza della vita di Gesù, il suo entusiasmo (la prima uscita pubblica è ad un matrimonio), la sua passione per tutto il creato ( guardate gli uccelli del cielo, i gigli del campo...), la sua prossimità ad ogni uomo ( giovane ricco, donna peccatrice, malati di tutte le età, intellettuali e gente che veniva a lui da ogni dove....) hanno avuto una smentita solenne sulla croce. I vangeli narrano la passione e morte; la risurrezione è soltanto annunciata. 

Quasi a dire che c'è un solo modo di dare senso alla vita: vince chi si impone, chi comanda, chi in tutti i modi riesce a prevalere sugli altri. Così nella storia abbiamo solo spazio per i violenti e per i vinti, per i carnefici e per le vittime. Ogni alternativa è un sogno. Infatti a Gesù che percorre le strade della Galilea annunciando l'esigenza di non dimenticare il nostro essere creature; al Nazareno che richiama l'attenzione sul fatto che tutto ciò che abbiamo e siamo ci è stato donato da un Dio che è padre, non padrone; al Cristo che afferma il primato della povertà e invita ad alzare lo sguardo verso il Cielo alla ricerca del senso profondo della vita; a lui vien fatta fare la fine di un qualsiasi sognatore. Messo a tacere per sempre, sulla croce, in modo chiaro e inequivocabile. Non c'è spazio in questo nostro mondo per simili sognatori.

Ma si possono uccidere i sogni?  Che male c'è a sognare e a vivere i propri sogni? Quale il fastidio arrecato agli altri? Gesù non ha preteso nulla dagli altri, non ha obbligato alla sequela, ha vissuto seminando parole d'amore e compiendo gesti sempre ispirati ai suoi sogni. Si, il grande sognatore ha turbato il sonno di Erode, di Pilato, di Giuda, di Pietro, di Nicodemo, di Giuseppe di Arimatea. Il grande sognatore  senza squilli di tromba e senza eserciti ha fatto la più grande rivoluzione: far capire che un altro modo di vivere è possibile e che la felicità è il desiderio di Dio per ogni vivente.

È qui il problema. Ci sono già io, che bisogno c'è di Dio?  È l'amor mio la regola della storia. Bado a me stesso, basto a me stesso, sono capace di tutelare ben bene gli interessi miei e di quelli che stanno sotto di me. In questa vita devo farmi valere, si dice. E cosi si grida il proprio diritto a fare quel che pare e piace considerando gli altri come comparse di cui si può abusare a volontà o nel migliore di casi lasciar perdere a patto però che non interferiscano con i propri interessi. È il mondo di chi conosce il prezzo di tutto e il valore di niente, è il mondo di chi si ostina a non distinguere tra crudeltà e pietà, è il mondo di chi si sente arrivato se gli altri vanno a bussare con i piedi alle loro case, è il mondo ove le relazioni sono solo motivate da interessi indicibili, è il mondo ove la sofferenza e il dolore non devono dar fastidio, è il mondo ove la morte è questione di altri e di attimi...

Il sognatore invece credeva nella felicità, a portata di mano per tutti. Credeva nell'amore di Dio, delicato come il soffio di un silenzio che svanisce. Che si può stare insieme bene solo se animati dalla passione per il bene dell'altro. Che si è ricchi e riusciti nella vita non quando si accumulano ricchezze, ma quando si hanno le pareti del cuore capaci di vibrare per la sorte dell'altro. Che la vera bellezza non è sedurre con un corpo mozzafiato, ma è far sorgere un sorriso che fa sprofondare nella contemplazione del  mistero della vita. 

Il sognatore credeva nella coerenza, nell'onestà intellettuale. Credeva che noi ci siamo per gli altri. Pensare di essere l'ombelico del mondo significa essere fuori di testa: per il sognatore la vita è anello di una catena d'amore. Funziona solo ricordandoci da dove veniamo e dove andiamo. Veniamo da Dio, siamo di Dio da sempre e siamo fatti per significare Dio nel tempo. Ecco il sogno: restituire l'uomo a se stesso! Alle proprie potenzialità, alla propria pienezza, alla propria bellezza.

Ma è stato crocifisso! Si, ed è scandaloso il pensiero che non ha fatto nulla per salvarsi: bastava smettere di sognare e fare le cose che facevan tutti! Adeguarsi all'andazzo generale, mettere i piedi per terra... Ma lui, il sognatore,  ha indurito il volto: si è lasciato sbeffeggiate, flagellare e crocifiggere. Lui, l'amante della compagnia viene ucciso fuori dalla città, scomunicato. È la croce il linguaggio assunto dal Sognatore per dire che quando i sogni sono belli non bisogna aver paura di nulla e che bisogna essere capaci di perdere anche la dignità e la vita. La catena di cui siamo anello è saldamente nelle mani di Dio e Dio non ci abbandonerà mai perché siamo chiamati ad essere suoi testimoni, suoi martiri.

Risurrezione è la parola che Dio bisbiglia delicatamente a ognuno di noi, in tutte le veglie della nostra vita.

Coraggio, non dobbiamo aver paura di consumare la nostra vita per gli altri: siamo degli immortali! E come il sognatore ha avuto il suo ultimo pensiero ai suoi nemici, così noi dobbiamo essere capaci di presentarci a chi ci ha fatto del male con il perdono e la ferma decisione di adoperarci in ogni modo per far sorgere un sorriso autentico su ogni volto che incontriamo. Che non sia il sorriso, l'espressione della gratitudine di Dio? 

Cristo nostra speranza è veramente risorto! La sua vitalità sorregge il coraggio di vivere da cristiani e di essere memoria vivente del sogno di Dio su ogni creatura! 

Buona Pasqua di risurrezione a tutti! 

Ultima modifica il Mercoledì, 06 Maggio 2015 13:08
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